Con i continui e terribili scontri che in questi giorni devastano il territorio israeliano e palestinese, il confitto tra Ucraina e Russia sembrerebbe passato in secondo piano.
La guerra intrapresa dal presidente russo, Vladimir Putin, è ancora oggi in atto. Putin, non ha mai dato segni di voler arrivare a una pace, almeno fino al G20, incontro nella quale il presidente russo, collegato in videoconferenza, ha espresso per la prima volta dall’inizio del conflitto pareri un po’ più moderati per una guerra da lui sempre definita fino a quel momento, come un’operazione militare speciale. Sono solo parole, o la Russia ha davvero intenzione di mollare la presa?
“Naturalmente, dobbiamo pensare a come mettere fine a questa tragedia“. Ha esordito così al G20 il presidente Vladimir Putin che, durante il suo discorso, ha fatto anche ricorso ad argomenti già utilizzati in passato per attaccare direttamente l’Ucraina. “Comunque, la Russia non ha mai rifiutato negoziati di pace con l’Ucraina. Non è stata la Russia, ma l’Ucraina ad annunciare pubblicamente che si sarebbe ritirata dal processo negoziale”
“Capisco – ha detto Putin – che questa (in Ucraina) è una guerra, la morte di persone non può fare a meno di sconvolgere. E il sanguinoso colpo di Stato in Ucraina nell’anno 2014, seguito dalla guerra del regime di Kiev contro il suo popolo nel Donbass, non è sconvolgente?”. I fatti a cui fa riferimento Putin, sono le aggressioni da parte dello stato ucraino ai civili russi in Donbass sin dal 2014.
È dunque la prima volta che, in un discorso pubblico, Putin si riferisce all’invasione in Ucraina utilizzando la parola guerra e non più operazione militare speciale. Ricordiamo, infatti, che in Russia parlare dei fatti in Ucraina come “guerra” è stato reso illegale dal Cremlino sin da marzo 2022, quando è stata emanata una legge sulla censura che prevede gravi provvedimenti per chi diffonde notizie false sulle operazioni militari in Ucraina.
Il presidente Putin, però, nonostante la volontà espressa durante l’incontro del G20, non molla la presa. Infatti, le operazioni militari russe non accennano a finire. Il 18 novembre scorso, ad esempio, le truppe russe, hanno bombardato pesantemente le truppe ucraine nei pressi del fiume Dnipro, nell’Ucraina meridionale, uccidendo circa 75 soldati di Kiev. O ancora, notizia più fresca che risale alle ultime 24 ore, nelle quali, Putin, oltre ad aver abbattuto 16 droni ucraini sopra la Crimea, ha bombardato otto comunità nell’oblast di Sumy, città ucraina nord-orientale, prendendo di mira molte comunità vicine tramite intervento diretto dei militari. L’esercito ucraino, d’altro canto, ha dichiarato di essere riuscito a penetrare dai 3 agli 8 chilometri sulla riva est del Dnipro. Sarebbe la prima conquista territoriale in questo campo dall’inizio della controffensiva ucraina di giugno scorso. Continuano poi, le ondate di attacco sulla capitale Kiev, da parte dei droni russi.
Il capo dell’ Amministrazione di Kiev, Serhiy Popko, ha dichiarato: “Circa una decina di obiettivi nemici sono stati colpiti dalle forze e dai mezzi di difesa aerea sul territorio di Kiev e alla periferia della città. Per questo motivo nella capitale sono stati annunciati più volte allarmi aerei“, conclude senza fornire ulteriori informazioni in merito ai danni o alle vittime.
Tra le parole e i fatti del presidente Putin, quindi, c’è molta discrepanza. La speranza unica è quella di una fine definitiva di un conflitto che continua a mietere vittime innocenti. Una speranza che, purtroppo, ad oggi sembra ancora essere molto lontana.
Jacopo Caraffa
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