Come si temeva, la pandemia ha avuto un impatto devastante sull’occupazione femminile: a confermarlo un’indagine condotta da Svimez, l’Associazione per lo sviluppo industriale del Mezzogiorno. La ricerca, in questo caso, ha però riguardato tutta la penisola. Gli effetti del lockdown sul mercato del lavoro hanno infatti colpito maggiormente la componente femminile della popolazione, tradizionalmente più interessata dal fenomeno del precariato (nelle regioni del Sud, circa il 20% delle donne vive questa condizione, contro il 14% della controparte maschile): al Sud si parla di un calo di unità del 7,3%, rispetto al 2019, contro un calo del 3,9% al Centro-Nord. L’emergenza sanitaria del 2020 ha dunque cancellato ben l’80% dell’occupazione femminile creatasi tra il 2008 e il 2019: un dato sconcertante, considerando che ciò riporta il numero delle donne al lavoro pressoché a quelli del periodo più buio della crisi economica dello scorso decennio. Inoltre, secondo il focus “Ripartire dalla risorsa donna” curato dalla Fondazione studi consulenti del lavoro, su 100 posti di lavoro persi 55 appartenevano a donne: si parla dunque di circa 470 mila occupate in meno.
Sessismo, suddivisione iniqua del lavoro domestico, scarsità di servizi e sussidi a sostegno della genitorialità: tutti fattori che contribuiscono a ostacolare la vita delle lavoratrici nel corso dell’emergenza sanitaria. Per quanto ancora non verificato da dati statistici, è facile ipotizzare che la chiusura delle scuole dell’infanzia ed elementari durante il primo lockdown, con il lavoro domestico scaricato nella maggioranza dei casi soltanto sul coniuge femminile, abbia un ruolo determinante in questa débacle statistica. Un problema culturale di fondo è però alla base di un simile divario. Secondo un controverso sondaggio d’opinione condotto dall’Eurobarometro nel 2017, ben il 51% degli italiani sostiene che il ruolo primario della donna nelle società occidentali sia quello di occuparsi della casa e della famiglia (contro l’11% degli svedesi, ad esempio). Ancora una volta si riconferma urgente, dunque, un radicale cambio di mentalità che possa aiutare il mercato del lavoro italiano a liberarsi della discriminazione di genere.
Agata Virgilio
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Articoli di proprietà di Voci di Città, rilasciati sotto licenza Creative Commons.
Sei libero di ridistribuirli e riprodurli, citando la fonte.
Ti piacerebbe entrare nella redazione di Voci di Città? Hai sempre coltivato il desiderio di scrivere articoli e cimentarti nel mondo dell’informazione? Allora stai leggendo il giornale giusto. Invia un articolo di prova, a tema libero, all’indirizzo e-mail entrainvdc@vocidicitta.it. L’elaborato verrà letto, corretto ed eventualmente pubblicato. In seguito, ti spiegheremo come iscriverti alla nostra associazione culturale per diventare un membro della redazione.