Al culmine di lunghi giorni di tensioni civili, la Birmania è scossa da un golpe militare. La leader Aung San Suu Kyi, premio Nobel per la pace e vincitrice delle ultime elezioni, è stata arrestata insieme ad altri esponenti della Lega Nazionale per la Democrazia nel corso di un raid: a comunicarlo, poche ore fa, il portavoce del partito. Tutti i poteri dello Stato sono stati trasferiti al generale Min Aung Hlaing. Secondo le indiscrezioni, Suu Kyi si troverebbe ora detenuta a Naypyidaw, e avrebbe coraggiosamente esortato il popolo birmano a “non accettare il colpo di stato”.
In queste ore drammatiche, la Birmania si trova completamente bloccato: inaccessibile a livello nazionale la rete Internet, chiuse le banche e sospesi i servizi di prelievo automatici, interrotti tutti i voli di linea e chiusa la strada verso l’aeroporto internazionale di Yangon.
Dall’Occidente arriva unanimemente la condanna ai responsabili del golpe e l’appello al rilascio degli arrestati: Antonio Guterres, segretario generale dell’ONU, ha espresso “grave preoccupazione” per la situazione in Myanmar, piangendo la grave ferita inferta alle riforme democratiche del paese. Anche la presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen ha espresso la sua condanna sul proprio account Twitter, dichiarando che: “il governo civile legittimo deve essere ripristinato, nel rispetto della Costituzione del Paese e delle elezioni di novembre“. In una nota anche la Farnesina, affiancandosi a Francia e Regno Unito, si appella al “rispetto dei diritti umani e delle libertà fondamentali.”
Agata Virgilio
Fonte immagine: Il Fatto Quotidiano
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