Nanni Moretti, fino a pochi mesi fa applaudito con affetto a Cannes per Il Sol dell’avvenire, è senza dubbio uno dei pochi astri del cinema italiano degli ultimi cinquant’anni. Strano, amatoriale perché ama, intellettuale perché sa riflettere: un’artista capace di fissarsi nell’immaginario collettivo e ispirare, ancora oggi, le nostre giornate. Politico e giovane, anziano ma attivo, cattivo ma tenero, Michele Apicella (Moretti nei suoi film) è tutti noi, noi e le nostre nevrosi. Ripercorriamo, dunque, per il suo compleanno, i più importanti successi fino ai primi anni Duemila.
«Sono per una sessualità espansa e sudaticcia» così il protagonista Michele recita in una scena di Ecce Bombo. Un sesso dozzinale, quindi, come dozzinale potrebbere sembrare questo seccondo lavoro di Nanni Moretti: amici come attori, una fotografia arrangiata e un montaggio poco serrato. È però facile intravedere, sin dalle prime battute, una grandissima sceneggiatura, che con «espansa e sudaticcia» ironia riflette sui prossimi non più giovani, come lui, quindi d’amore e di politica.
C’è miltanza, tanta militanza, ma di quella senza morale, e che provoca e critica sé stessi prima degli altri. Da una parte l’impossibilità di Michele a stare da solo, seppur mai soddisfatto dei suoi rapporti, dall’altra un particolare clima in famiglia di cui lui sembra il genitore. Tutto questo, scandito da sedute terapeutiche di gruppo in cui Michele e i suoi amici si sfogano, giungendo al nulla e stando immobili. I giovani di questo film sono tumefatti dal sistema, vorrebbero cambiarlo ma non ci riescono, fanno sempre le stesse cose tutte le sere: ecco che Moretti spoglia questi giovani e li mostra alla perbenista folla italiana, urlando «Rossi e neri sono tutti uguali. Ma che siamo in un film di Alberto Sordi?»
Bianca di Nanni Moretti non è un thriller, è una commedia, ma sa mettere ansia sul finale come solo pochi film sanno fare. Il nostro amato Michele è ora un insegnante di matematica: è un ossessivo compulsivo, ha mille fisse, dall’igiene alle perversioni stile voyeur. È quindi ossessionato dal calcolo e questo lo porta a fuggire le relazioni, aggrappandosi a quelle di amici e conoscenti, osservandoli da casa e non, come ne La finestra sul cortile di Hitchcock. In questo senso il film è un thriller: un personaggio nevrotico, una serie di omicidi vicini a lui e quel filo comico che rende ancor più grottesco il tutto.
Non vi è un vero giallo alla fine, nessuna reale risoluzione del caso, perché Moretti vuole parlare d’amore e di chi teme la passione e il dolore per la fine della stessa. Conosce una sua collega a scuola, Bianca, e se ne innamora. Ben presto, però, comincerà a tirarsi indietro, eludendo la possibile fine di quella storia e cercando ogni singolo dettaglio maniacale che possa dargli un motivo per troncarla. Lui non è diverso da noi, che mangiamo i dolci quando siamo tristi, solo è più esasperante, come quel enorme barattolo di nutella.
Un film particolarmente intimo per Nanni Moretti. Seppur Michele Apicella, nelle altre pellicole, sia sempre un alter ego fedele del regista – anche se in eccesso -, in Caro Diario i protagonisti sono Nanni e la sua vita. Nel primo episodio abbiamo la vespa e la Roma di Moretti: in giro per la deserta capitale d’estate, tanti paesaggi e tante piccole riflessioni. Ci sono solo Nanni e la macchina da presa, che lo segue e lo ascolta. In voice over la voce del regista e piccoli istanti in cui porta avanti il suo diario, la sua confessione al pubblico. Infatti, nel secondo episodio, in viaggio tra le Eolie con un amico, si manifesta la mancanza di idee del regista e quindi la sua crisi in quanto artista. Si intrecciano poi temi quali quelli del consumismo televisivo (la nascente parabola di Beautiful), l’isolamento come finto rifugio e il dramma di novelli genitori. Nell’ultimo episodio, infine, il racconto del percorso di chemioterapia di Nanni: uno spaccato di vita vero, qualcosa che lo colpì realmente, ma sui cui ironizza, così come ironizza anche sui numerosi medici e le loro numerose diagnosi errate.
Ancora Moretti stesso come protagonista, Michele Apicella sembra non tornare più. Con l’elezione di Berlusconi, il nostro sicuro Nanni di sinistra sembra aver perso ogni speranza nella politica. Vuole girare, dunque, un documentario sull’Italia degli ultimi vent’anni e capire cosa è successo. Guarda i giornali, tutti i giornali, fa ritagli, e vede che ormai non c’è più posizione, solo una grande fiumana di opportunismo. Aspetta però un figlio, lo attende con gioia, ma anche con ansia: da una parte la realizzazione del documentario, dall’altra la paura di consegnare al piccolo un paese ormai perso. Rimane la speranza, perché ad aprile, con le elezioni anticipate, vincerà la sinistra.
Ancora qualche parola su un Moretti diverso, quello de La stanza del figlio. Una famiglia borghese, un figlio e una figlia, un buon rapporto e le solite, ma serene, problematiche. Poi una tragedia si insinua nella famiglia, portando a un inevitabile confronto con sé stessi: questo porta con sé il dolore. Non c’è molto altro da dire, un film semplice ma che ti colpisce al cuore. Un film vero e nient’altro. Questo ultimo film citato dimostra soprattutto la grande versatilità e sensibilità di autore come Nanni Moretti, di cui non dobbiamo dimenticarci. Un’artista lucido e sarcastico, con uno sguardo vero e umano, che parla a tutti noi e di cui bisognerebbe recuperare ogni singolo lavoro.
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