Il 21 febbraio alle 19, ora locale, la NASA ha annunciato tramite una diretta mondiale l’incredibile scoperta fatta da un gruppo di astronomi (e pubblicata su Nature) guidati da Michael Gillon dello STAR Institute dell’Università di Liegi: esisterebbe, infatti, a circa 39-40 anni luce dal nostro globo, un sistema solare composto da sette pianeti, le cui dimensioni sarebbero simili a quelle della Terra. Già l’anno scorso erano stati individuati alcuni corpi celesti che lasciavano intendere una clamorosa futura scoperta, ma solo nel 2017 se ne ha avuta la conferma: sei di questi sette pianeti sarebbero rocciosi, con temperature simili alle nostre che vanno dai 0 ai 100 gradi. L’insieme di globi orbiterebbe intorno a TRAPPIST-1, una nana rossa (ultrafredda, la cui temperatura tocca i 2400°) poco luminosa, la cui massa ammonta all’8% del Sole (quindi poco più grande di Giove). E così in base alla ricerca si sono messe in luce le varie peculiarità dei pianeti, i quali sono stati nominati rispettivamente TRAPPIST-1 b, c, d, e, f, g, h. Da esse inoltre è emerso come b, c e d sono molto caldi e, conseguentemente, la presenza di acqua allo stato liquido sarebbe circoscritta piccole aree; e, f e g, invece, potrebbero ospitare persino grandi oceani di acqua: quest’ultimi si trovano nella così detta zona abitabile circumstellare.
«Le stelle nane come TRAPPIST-1 emettono un’energia molto più debole rispetto al nostro Sole perché sia possibile la presenza di acqua liquida, i pianeti dovrebbero avere un’orbita molto più vicina alla stella rispetto a quelli del nostro Sistema Solare» le parole di Amaury Triaud, coautore della ricerca, riportate da nationalgeographic.it, che poi prosegue spiegando come «fortunatamente, è proprio il tipo di configurazione che abbiamo riscontrato intorno a TRAPPIST-1». La scoperta, peraltro, è stato possibile soltanto grazie alle innumerevoli osservazioni compiute da più telescopi terrestri (in particolare dal Very Large Telescope e dal TRAPPIST SOUTH in Cile) e dal telescopio spaziale Spitzer della NASA. Adesso lo Hubble, un altro telescopio spaziale, sarebbe già a lavoro per rilevare eventuali atmosfere all’interno dei sette nuovi pianeti. A detta di Emmanuel Jehin, un altro membro dell’equipe di ricerca, già dal 2018 sarà possibile rilevare anche eventuali presenze di forme di vita in pianeti così distanti dal nostro sistema solare. La scoperta potrebbe aprire le porte a una delle più agognate domande che l’uomo si è posto, ma che mai ha risolto fino in fondo: il sistema sembra sostanzialmente una riproduzione della Terra, scissa in sette modelli diversi. Buona parte di questi pianeti riceve una quantità di irraggiamento simile a quelle che Venere, Marte e per l’appunto il nostro geoide ricevono dal Sole. Vita e non solo: questo tipo di pianeti, secondo quanto riporta focus.it, sarebbe anche un’ottima enciclopedia su cui studiare una serie di storie evolutive totalmente differenti da quelle della Terra ma che, probabilmente, potrebbero aver portato ad un risultato molto simile. Dulcis in fundo sarebbe la conferma che lo studio delle orbite intorno le stelle di piccola massa può portare alla scoperta di nuovi pianeti.
Francesco Raguni
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