I partiti di maggioranza si sono riuniti alla camera al fine di discutere il nuovo “disegno di legge Lavoro“. In tale circostanza è stata approvata una norma che però renderebbe più difficili i controlli sulle dimissioni in bianco e sui licenziamenti da parte del datore di lavoro, mascherati però da “fittizie” dimissioni.
Fa pensare che il disegno di legge sul lavoro sia stato approvato un anno e mezzo fa, per poi approdare in aula solo giovedì scorso.
Il Movimento Cinquestelle muovendosi con l’obiettivo di tutelare i controlli, ha suggerito la difesa delle vecchie misure, siglate a suo tempo da Renzi. Italia Viva, sul salario minimo, si è astenuta. Sulla questione è intervenuto anche Giuseppe Conte, primo firmatario dell’emendamento a favore del salario minimo, affermando: «Noi non ci arrenderemo mai».
Diversi membri delle opposizioni hanno accusato la maggioranza di non svolgere nessuna attività al fine di migliorare la questione salariale, asserendo che, approfittando del periodo di contesa politica fra Renzi e Conte, il capogruppo Davide Faraone ha comunicato l’astensione, giudicata come un atto poco concreto.
Il Jobs act voluto dal governo Renzi (il decreto legislativo 151 del 2015) sebbene approvasse il licenziamento individuale introdotto dalla legge Fornero, dettava norme stringenti (art 26), le quali, anche se in modo migliorabile, contrastavano il licenziamento mascherato da dimissioni volontarie del dipendente.
Il ddl lavoro ha ampliato i casi possibili di questi licenziamenti, dove però, spesso, si nascondono le dimissioni in bianco.
Le opposizioni si sono battute più volte al fine di cambiare lo status quo, in primo luogo suggerendo una modifica “migliorativa” durante la commissione e, in un secondo momento, proponendo la reintroduzione dell’obbligo da parte dell’ ispettorato di verificare la veridicità delle dimissioni. La maggioranza ha bocciato tali proposte.
Fonte: Corriere.it
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