Nelle ultime settimane, la comunità italiana è stata investita dalla tragedia di Satnam Singh, il bracciante morto “a causa del caporalato“. Pochi giorni fa inoltre, è stata emessa la sentenza che prevede la custodia cautelare in carcere per Antonello Lovato, titolare dell’azienda in cui lavorava Satnam.
In breve, il bracciante 31enne, di origine indiana, è morto all’ospedale San Camillo a Roma il 19 giugno. Secondo la ricostruzione degli inquirenti, un macchinario dell’azienda agricola in cui lavorava (in nero) gli ha tranciato un braccio e rotto le gambe, mentre faceva la raccolta dei meloni. Nonostante abbia chiesto al suo datore di lavoro di accompagnarlo in ospedale, quest’ultimo impaurito dall’illegalità della sua posizione e dal fatto che la sua azienda è già da cinque anni indagata per caporalato, lo avrebbe lasciato solo davanti casa in compagnia della sola moglie.
La parola chiave di questi giorni quindi, è “Caporalato“, termine che ad oggi l’Italia conosce fin troppo bene, ma che per lungo tempo è stato nascosto sotto il tappeto, usando l’alibi tutto italiano per cui fino a quando non succede il fatto eclatante non si sente la necessità di parlare delle cose. Quindi vediamo effettivamente cos’è il caporalato e come ad oggi viene combattuto.
Il sistema del cosiddetto “caporalato” si riferisce a forme illegali di intermediazione, reclutamento ed organizzazione della manodopera. Tale meccanismo si insinua tra la domanda e l’offerta di lavoro, soprattutto nei confronti di soggetti “in difficoltà”, come migranti, donne e minori che si trovano in condizioni di particolare vulnerabilità e bisogno. E non sono pochi i casi in cui questo meccanismo si traduce in una vera e propria violazione dei diritti umani e dei diritti fondamentali sul lavoro.
I settori di cura alla persona, edile e agricolo sono quelli più colpiti. Secondo la statistica infatti, in questi settori si riscontrano i maggiori tassi di irregolarità, a causa della presenza di lavoro nero. L’ambito agricolo, in particolare, è caratterizzato dal frequente ricorso alla “sotto-dichiarazione” delle giornate o delle ore di lavoro. Di conseguenza, il datore di lavoro mette in atto una vera e propria evasione dalle norme fiscali oltre che l’erosione dei diritti e tutele per i lavoratori. Questi, vista l’irregolarità della loro posizione, possono vedersi negata la possibilità di accedere alle indennità di disoccupazione e le ferie per malattia, infortunio o maternità.
Spesso, soprattutto nel settore agricolo, i braccianti sono extracomunitari in cerca di soggiorno. Questa condizione diventa estremamente favorevole per il datore di lavoro, perché può formulare un’offerta di lavoro spesso basata sul ricatto. Quindi, il bracciante si trova ad accettare le condizioni più misere e disumane pur di sopravvivere e in alcuni casi mantenere le proprie famiglie, e il “caporale” può permettersi di pagare meno gli operai e avere maggiori introiti non dichiarati.
I dati provenienti dall’indagine dell’ISTAT-RCFL rivelano che i lavoratori stranieri rivestono un ruolo fondamentale all’interno del mercato del lavoro italiano. Nel 2023, rappresentavano il 10,1% degli occupati.
Tuttavia, le condizioni di vulnerabilità, come la scarsa conoscenza degli strumenti di tutela, l’inadeguata sistemazione abitativa o la distanza dai luoghi di lavoro, rendono questi lavoratori un perfetto bacino d’offerta per impieghi sottopagati e dequalificati, che si trovano quindi in una condizione di vero e proprio sfruttamento.
Analizzando l’incidenza in percentuale dei lavoratori migranti nei diversi settori di attività, si possono riscontrare alcune tendenze significative: circa un terzo degli occupati nei servizi pubblici, sociali e alle persone è di cittadinanza straniera (il 21,5% extra UE); nel settore ricettivo e della ristorazione, il 17,4% degli occupati proviene da un Paese diverso dall’Italia (il 13,5% fuori dall’UE), e anche nel settore Primario (18% stranieri, 13,1% extra UE) e dell’Edilizia (16,4% stranieri, 10,3% solo non comunitari).
In Italia, l’indicatore di irregolarità complessivo è – secondo ISTAT – pari all’11,3%, ma sale al 23,2% in ambito agricolo mentre nel lavoro domestico raggiunge addirittura il 51,8%.
La strategia implementata dal MLPS (Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali) per contrastare il fenomeno dello sfruttamento lavorativo e del caporalato, in coerenza con la programmazione pluriennale integrata 2021-2027, valorizza l’utilizzo complementare delle risorse assegnate per coprire territori, target ed interventi di natura diversificata.
La Direzione Generale dell’Immigrazione e politiche di integrazione finanzia progettualità per la promozione del lavoro regolare e la lotta allo sfruttamento e al caporalato, inizialmente nel solo settore agricolo e dal 2021 in tutti i settori lavorativi.
L’azione di coordinamento da parte della Direzione Generale ha avuto un’attenzione specifica a due dimensioni: la “governance multistakeholder territoriale“, con l’attivazione di reti composite e il raccordo tra le diverse progettualità insistenti su uno stesso territorio, e la “governance multidimensionale o multilivello” che ha consentito l’attivazione di modelli efficaci di intervento della pubblica amministrazione, tramite il coordinamento fra e con le Istituzioni.
In particolare, per quanto riguarda le attività di vigilanza, sono state realizzate azioni d’ispezione con l’impiego di task force comprendenti il coinvolgimento dei mediatori culturali e la costituzione di equipe di lavoro multidisciplinari.
Assolutamente no. Una risposta decisa deve arrivare anzitutto da ognuno di noi che, nel suo piccolo, può comunque contribuire. Magari, denunciando. Nonostante la concretezza delle azioni dell’MLPS ci sono ancora troppi casi di sfruttamento. Lo conferma un maxi blitz a livello nazionale da parte dei Carabinieri e dell’Ispettorato nazionale del lavoro che hanno ispezionato a tappeto 310 aziende. Di queste, due terzi sono risultate irregolari, un lavoratore su tre non è in regola e il 10% è completamente in nero.
Non essendo inseriti nelle dinamiche interne di governo, credo venga spontaneo domandarsi se il governo stesso si stia effettivamente interessando alla questione. Soprattutto, dopo il siparietto tragicomico regalatoci dalla presidente Meloni insieme a Salvini e Tajani che, durante l’applauso alla Camera in onore di Satnam Singh, sono stati esortati prima ad applaudire e poi ad alzarsi con la frase diventata tristemente un meme: “Regà, alzateve pure voi“.
Riccardo Nobile
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