I venticinque anni sono una fase della vita un po’ transitoria, in bilico tra post adolescenza e l’inizio di una vita da adulti. Questo Amanda lo sa, ma forse per lei il tempo si è fermato e la bambina che è in lei è ancora in circolazione. Amanda è un film uscito nelle sale cinematografiche lo scorso 13 ottobre, opera prima della regista Carolina Cavalli, che vede come protagonisti Benedetta Porcaroli e il cantautore Michele Bravi. Di seguito, la trama e la recensione della pellicola.
«Da che si ricorda Amanda, 24 anni, non ha mai avuto amici», questa la prima frase che si legge nella trama ufficiale. Fa parte di una famiglia benestante di farmacisti, ha vissuto a Parigi dove passava il tempo al cinema e alla ricerca di qualcuno con cui fare amicizia, ma non ha mai instaurato delle relazioni stabili. Amanda, trasferitasi in una nuova città, si ritrova ancora più da sola, immersa in ambito familiare molto particolare e forse, non sano. Ma per lei, era giunto il momento di “uscire” fuori dal nido, diventare indipendente e creare relazioni con i suoi coetanei. Sollecitata dalla madre, decide di far amicizia con Roberta (con la quale si conosceva fin da bambina), figlia di un’amica della madre. Da lì in poi, nella sua vita, qualcosa inizia realmente a cambiare.
Per cercare di fare amicizia, decide si intrufolarsi in un festival tecno e rave abusivi, punto di incontro dei ragazzi della sua età. Amanda è dunque alla ricerca di qualcosa che possa dare una scossa alla sua vita, un senso che fino adesso non ha trovato.
La sua personalità è molto eccentrica, la classica ragazza ribelle rispetto alla famiglia di appartenenza. Proprio in ambito familiare vi è un rapporto molto problematico fra gli stessi membri. Tra lei e la madre vi è una notevole distanza che porta quasi all’indifferenza tra le due. Per non parlare della sorella, con cui ha un rapporto di odio-amore. Tutti i personaggi del film presentano delle problematiche relative alla propria esistenza, persino la nipotina di 8 anni sviluppa un rapporto ossessivo con la figura di Gesù, tanto da farla andare in terapia. Il racconto mette in luce quelle che possono essere le fragilità presenti in ogni persona, in ognuno diverse, che spesso si cercano di nascondere.
Amanda stessa è un personaggio molto complicato. Con una personalità borderline, è una ragazza che non accetta il suo posto nella società e, anzi, si lascia andare alla sua impulsività, forse troppa, tipica dell’età adolescenziale. Difatti, Amanda si presenta come una bambina non cresciuta, a partire dai vestiti che indossa, vale a dire dei gilet con dei disegni molto infantili e camicette.
Il film non è ambientato in un’epoca precisa, artificio forse utilizzato appositamente per dare l’idea che le problematiche vissute dalla ragazza sono universali. In effetti, l’isolamento sociale e le problematiche di tipo psicologico sono sempre più attuali nel nostro secolo, data la pandemia e la guerra, ma le difficoltà di relazione e le fragilità sono sempre esistite, e attraverso i mezzi come il cinema, si può avere uno strumento per metterle in luce e affrontarle.
Tutto il film gira attorno a lei, forse in modo anche eccessivo: tutti personaggi spiccano grazie alla sua presenza. A partire dal ragazzo interpretato da Michele Bravi. Amanda, dopo averlo conosciuto nel rave, si fa convinta che fosse il suo ragazzo. È una delle poche volte in cui si è presa una cotta, infatti, nel passato è riuscita ad avere solo una relazione a distanza. Non è di certo nuova come alternativa, dato che è molto frequente nei nostri giorni relazioni di questo genere, forse dettate dalla nascita e sviluppo dirompente della tecnologica che aiuta sì, ma anche contribuisce all’isolamento sociale dei giovani.
Michele Bravi riesce a gestire bene il ruolo, anche se con presenza nelle scene eccessivamente ristretta. Interpreta una personalità molto diversa dalla sua, molto pacata e riflessiva. Qui è un ragazzo molto estroverso, ma gentile al tempo stesso.
Amanda cerca degli amici, ma forse vuole ritrovare se stessa. Si sa, se si vuole stare bene con gli altri prima bisogna esserlo con sé stessi, ma per aprire gli occhi, spesso è necessario interfacciarsi con gli altri. Questo è ciò che fa la ventiquattrenne attraverso l’amica Rebecca e un cavallo malnutrito che trova in una scuderia lì vicino.
Rebecca è una ragazza che ha sempre avuto tutto, perfetta in ogni cosa, persino in ogni sport. Però, la ricerca della perfezione, l’ha condotta a rompersi qualcosa dentro lei. Ha la stessa età di Amanda e si conoscevano già da piccolissime, infatti giocavano insieme. La ragazza si è chiusa da tantissimo tempo in camera, non uscendo per nessun motivo. Amanda cerca in tutti i modi per instaurare un rapporto con lei, escogitando mille alternative per entrare in camera sua, fino a riuscirci.
Il loro rapporto è ostacolato dalla terapista di Roberta che le consiglia di allontanarsi da Amanda, poiché possiede una personalità troppo ribelle e arriva fino a farne notare i suoi tratti borderline. Ma Amanda non ci sta e decide di combattere per la loro amicizia, anche se per un breve periodo messa in pausa proprio dalla stessa Rebecca. Finalmente Amanda aveva trovato qualcuno in cui specchiarsi e ritrovarsi bambina. È la volta buona in cui può essere sé stessa con qualcuno, giocare a cuscinate e parlare di ragazzi, cosa che da ragazzina non ha potuto fare. La sua vita inizia a cambiare, a partire dal fatto che inizia a lavorare in un negozio di elettrodomestici, lavoro che le permette di allontanarsi dalla sua famiglia.
«Secondo me non succedono cose belle perché non hai nessuno a cui raccontarlo » afferma Amanda nel film, ma lei adesso, ha qualcuno con cui condividere le proprie esperienze.
Il finale racchiude il significato dell’intero film. Le due ragazze che si incontrano fuori casa di Rebecca, decidono finalmente di prendere la loro strada, non curanti del resto del mondo e delle persone attorno a loro. Adesso sono finalmente libere, insieme.
La figura di Amanda è interpretata magistralmente da Benedetta, creando un personaggio che sembra cucito su se stessa. Il film viaggia tra un tono umoristico e uno colmo di tristezza, portando però un andamento un po’ lento. Tuttavia, le tematiche presentate sono molto importanti, ciò porta a far diventare il racconto nel complesso, un bel film su cui riflettere.
Sara Sapuppo
Fonti immagini: social degli artisti
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Nata a Catania nel 2000, Sara sin da bambina ha sempre voluto lasciare il segno in questo mondo, e non appena entrata nella sua adolescenza ha capito che il modo migliore per farlo era la comunicazione. Infatti, dopo essersi diplomata nel settore turistico, si scrive e frequenta sino ad ora la facoltà di Scienze e Lingue per la Comunicazione presso l’Università di Catania.
Tra le sue passioni spiccano quelle per la musica e quella di interessarsi di ciò che accade attorno a lei quotidianamente, battendosi per la difesa di quelli che sono i diritti ( ma anche doveri eh!) umani. Per questo, cerca da qualche anno a questa parte di poter interagire con gli altri attraverso blog e i social.