Quante volte, durante un momento di riflessione, abbiamo immaginato di tradurre i nostri pensieri in parole? Soprattutto quando ci viene fatta una domanda e vorremmo, nel medesimo istante in cui abbiamo pensato alla risposta, scriverla proprio per come è venuta in mente? Sì, perché l’essere umano, indirettamente, vorrebbe poter dire tutto ciò che gli viene in testa. Nella realtà, al contrario, ci si lascia mettere in soggezione da pensieri che potrebbero apparire equivoci o facilmente fraintendibili. Tuttavia, se un giorno fosse possibile possedere un sistema di intelligenza artificiale in grado di trasporre i pensieri in parole, in quanti lo vorrebbero?
Secondo uno studio riportato sulla rivista scientifica Scientific Reports¸ è stato inventato un dispositivo capace di riconoscere i tratti peculiari del cervello e tradurli in parole scritte. Inizialmente, si pensò di utilizzare degli spettrogrammi (apparecchi raffiguranti le onde sonore) per un tentativo di traduzione simultanea di pensieri in parole, ma i risultati si rivelarono piuttosto scarsi: così, Nima Masgarani, la prima esecutrice dello studio, pensò bene di servirsi, invece, di un vocoder: un sistema d’intelligenza artificiale in grado di generare linguaggio parlato dopo essersi erudito alla perfezione. La Masgarani per farlo ha collaborato con uno specialista in malattie neurodegenerative come l‘epilessia: attraverso degli elettrodi applicati nel cervello ai pazienti (ovviamente, a scopo farmaceutico), questi hanno riconosciuto gli impulsi prodotti dall’encefalo e hanno, appunto, trasposto quanto avevano pensato.
A proposito di malattie neurodegenerative, già con la SLA (Sclerosi Laterale Amiotrofica) si è giunti a un simile risultato, per mezzo di microchip impiantati all’interno del cervello che danno la possibilità, a chi, per colpa della malattia, ha perso per sempre l’uso della parola, di continuare a esprimersi, seppur attraverso un computer. Come riporta Focus, con questi particolari vocoder la speranza è quella di poter aiutare tutte quelle persone che, a causa di lesioni cerebrali o altro, non potranno, probabilmente, più parlare. Per una tecnologia, quindi, al servizio dell’uomo (nel bene e nel male).
Anastasia Gambera
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