CATANIA – Con il suo ultimo libro, Sociologia dei media digitali, Davide Bennato ci offre uno squarcio nuovo e illuminante con contenuti inappuntabili che non passeranno mai di moda nel corso dei prossimi anni, cioè i social media digitali. Calabrese, di Catanzaro, Bennato – oggi insegnante all’Università di Catania, nonché direttore di Ricerca alla Fondazione Luigi Einaudi di Roma – si è rivelato al contempo anche una brillante firma di importanti libri. Il suo recente volume mette in relazione il fatto che le scienze sociali devono interessarsi sempre di più ai media digitali. Fatto scontato per gli addetti ai lavori. Non tanto, forse, per chi pratica rete e dispositivi digitali anche intensamente, ma non ha gli strumenti, la voglia e il tempo per averne un quadro d’insieme. Un primo merito di questo libro è senza dubbio quello di ordinare le idee rispetto al digitale sul piano storico, attuale, economico, tecnologico e valoriale. Il volume si articola in tre capitoli densi, chiari e completi, di facile accesso anche per chi si avvicina per la prima volta alla ricerca sociologica sui media digitali. Bennato stempera efficacemente l’eccesso di nuovismo con cui ancora troppo spesso si interpreta il fenomeno di Internet, riportando molte delle cosiddette rivoluzioni della rete, l’evoluzione – in particolare del broadcasting, narrowcasting, webcasting e socialcasting – del World Wide Web, dal pubblico del web passando per gli attuali social network fino ad arrivare ad una sfera valoriale dei media digitali, confinata alla fine del volume. Propone, dunque, un’analisi approfondita dei diversi strumenti e delle piattaforme note al grande pubblico, da Facebook a YouTube, ed esamina le conseguenze etiche e sociali dell’uso delle nuove tecnologie.
L’effetto è una rassicurante riduzione della distanza fra online e offline, soprattutto sul piano dell’analisi. Argomenti frequentemente discussi dall’opinione pubblica, più o meno a sproposito, come ad esempio la cooperazione sociale online, l’identità e la questione della privacy in rete, l’economia dei media digitali e la dimensione etica dei social network trovano una sistematizzazione efficace, sostenuta da uno sguardo laico basato su dati e ricerche. Se la chiarezza espositiva e lo stile scorrevole costituiscono un secondo motivo per leggere il libro del sociologo dell’Università di Catania, una terza ragione va ricercata nell’immagine complessiva del mondo digitale restituita dal volume. Il digitale è una cultura e non una tecnica. Il volume tratta, fra le altre cose, un tassello importante in questa direzione, per quanto concerne le nuove tecnologie: non è l’artefatto che fa l’uso, ma l’artefatto fa sì che alcuni usi siano sociologicamente incorporati. Milioni di persone si informano e interagiscono fra loro attraverso l’uso di internet. Ognuno a suo modo partecipa alla messa in rete di notizie, ma anche alla trasformazione di questi strumenti di comunicazione e di socializzazione. Blog, Wikipedia, social network sono strumenti di relazione sociale. Il web partecipativo costringe, quindi, a un profondo ripensamento dei concetti classici della sociologia della comunicazione. Le società ipermoderne stanno diventando sempre più frammentate al loro interno e i mezzi di comunicazione, di conseguenza, sono costretti a fare i “conti” con pubblici ridotti a nicchia.
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