«Chissà come sarebbe poter vivere su un altro pianeta…», una frase che tutti almeno una volta abbiamo pronunciato -se nel bel mezzo di un sospiro o di un dubbio amletico, poco cambia. In entrambi i casi la probabile genesi della suddetta espressione non può che derivare dal desiderio di vivere in una società diversa, liberi da schemi, svincolati da tradizioni e abitudini. Il senso di oppressione derivante, forse, da una routine che non tarda ad annoiare, o quello di delusione per una convivenza che spesso non riesce ad essere intrinsecamente pacifica ci spinge a fantasticare su una sorta di trasloco globale, un utopico trasferimento che possa permetterci insomma di ricominciare, di creare una quotidianità scevra dai limiti terrestri.
Quello che per le attuali conoscenze scientifiche appare al momento un lungimirante e illusorio sogno di libertà e cambiamento del genere umano, non è poi però così lontano dall’essere realizzato proprio in questo mondo, evidentemente ancora troppo grande per poterci andare veramente stretto. Entro il 2020, invero, nelle acque dell’Oceano Pacifico sarà costruita una città galleggiante che, come riportato da Renato Baone in HuffPost, sarà una sorta di nazione «con le proprie regole, leggi e trattati commerciali». Ad occuparsi della realizzazione del progetto dal costo di 60milioni di dollari è il Seasteading Institute, tramite la società Blue Frontiers. Tra gli imprenditori di spicco è la presenza di Peter Thiel, fondatore di Paypal. A seguito dell’approvazione da parte del governo della Polinesia Francese, ciò che si attende è la negoziazione di condizioni commerciali idonee.
Nello specifico si tratterà di strutture con non più di tre piani costruite su piattaforme di cemento armato tra loro comunicanti. Edifici destinati a durare non più di un secolo e ad ospitare inizialmente non più di 300 residenti, il tutto all’insegna dell’ecosostenibilità. Quello che nasce come una sorta di piccolo paradiso marino, se tutto va bene, potrebbe però anche riuscire, secondo quanto stimato dal presidente Joe Quirck, ad ospitare più di mille persone e l’esempio del Floating Island sarà riprodotto in numerose altre zone oceaniche. «Entro il 2050 contiamo di vedere tante città simili, ognuna basata su un diverso modo di governare; questo è l’elemento per generare pace, benessere e innovazione»
Alla base, dunque, la volontà di un’alienazione dalla politica e dal sistema economico attuale ribadita da Quirk anche al New York Times: «I vari governi nel mondo non stanno facendo bene. Sono ancora bloccati ai secoli scorsi. E questo è dovuto alla terra, che incentiva un violento monopolio per il suo controllo». Se la terraferma è patria ormai di un materialismo senza confini, l’unica soluzione è pescare da qualche parte una nuova soluzione per una vita migliore: e dove se non a mare? «Più gente si sposterà sulle città galleggianti, più alta sarà la possibilità di vedere lo sviluppo di di pace, prosperità e innovazione». Secondo quanto chiarito dal co-fondatore Friedman, inoltre, manca del tutto la volontà di imporre una particolare ideologia: «Alcuni si affideranno alla democrazia diretta, altri potrebbero lasciare la pubblica amministrazione ai burocrati, altri ancora a una combinazione di queste cose». Una collettività in mezzo al mare, dunque, posta nelle condizioni di far galleggiare a pelo d’acqua le proprie inclinazioni, mossi da un’ondata di mutamento e libertà.
Concetta Interdonato
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