Quando Alessandro Mannarino iniziò ad esibirsi nei locali romani negli anni ’90 non poteva certo immaginare che il suo sound popolare sarebbe stato apprezzato a livello nazionale. È vero, infatti, che la sua musicalità, fatta di blues e voce alla Tom Waits (maestro spirituale di Mannarino secondo sua stessa confessione), spunti di taranta e influenze balcaniche, ma soprattutto toni che ricordano da vicino gli stornelli romani.
Già i titoli delle sue stesse prime composizioni rimandano ai temi principali ai quali Mannarino è stato fedele sino ad ora. Il primo album, Il bar della rabbia, dove il cantautore intervalla lingua italiana a dialetto romano, contiene tutte le ideologie e le esperienze dell’autore: dalla vita notturna nei quartieri romani popolari alle poesie di Trilussa, dai bicchieri di vino fino all’alba al moderno romanticismo verso le donne, amanti e amate. Battute sagaci, motti spinti misti a filosofia di strada, canzoni recitate come poesie dai richiami socialisti, ribellione ad abitudini e politica, inni all’Italia, ma anche riflessioni sulle ingiustizie e sulle politiche, rime semplici e forti, con uno stile ermetico e riflessivo: Mannarino è anche tutto questo.
Il secondo album, Supersantos, riscuote nuovamente un notevole successo, riprendendo lo stile del primo.
È col terzo album, Al monte, che Mannarino dà il meglio di sé, in una sintesi di tutti i temi precedenti, ma con una profondità di pensiero maggiore e più consapevole. Qui il cantante appare più equilibrato, più consapevole, ma, nelle canzoni poesie dedicate alle donne, anche più malinconico e sognante. Signorina, ad esempio, è un invito che il cantante offre ad una immaginaria donna che simboleggia tutte le donne sofferenti per amore, amore coniugale, familiare, esistenziale. Che il tema della donna sia fondamentale per il cantautore, si intravede in molti versi: «Balla, balla signorina nella notte…bevi pioggia, bevi vino, parla amaro, hai perduto ciò che avevi di più caro nelle vene per un somaro», «forse basta questa lacrima d’amore a riempire il gran deserto e a farci il mare, balla, balla amore mio per questa notte…vedrai, vedrai, che passerà, vedrai». Consolazione per tutte le donne sofferenti per amore.
Come dargli torto quando quando si fa insegnante per tutti nel momento in cui, in Malamor, canta: «Qui si nasce senza fiato e già la prima punizione, uno schiaffo sopra il culo per la respirazione…quello che m’ha detto una ragazza all’ospedale è che l’uomo si fa bestia quando non riceve amore». L’interpretazione va di pari passo con le parole: Mannarino è arrabbiato quando parla di rabbia, innamorato quando tratta l’amore, deluso mentre canta la società e la vita. Eppure, è in grado di far amare la rabbia, di farsi amico l’amore, di rispettare e far rispettare la società, di combattere la frustrazione, perché in Mannarino, tra le lacrime e il dolore, la vita vince sempre.
Lo stesso titolo, Al monte, richiama un monte immaginario, metaforico, come una montagna maomettana. Mannarino non si muove, ma è il monte che va da lui.
Luca Occhilupo
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Articoli di proprietà di Voci di Città, rilasciati sotto licenza Creative Commons.
Sei libero di ridistribuirli e riprodurli, citando la fonte.
Ti piacerebbe entrare nella redazione di Voci di Città? Hai sempre coltivato il desiderio di scrivere articoli e cimentarti nel mondo dell’informazione? Allora stai leggendo il giornale giusto. Invia un articolo di prova, a tema libero, all’indirizzo e-mail entrainvdc@vocidicitta.it. L’elaborato verrà letto, corretto ed eventualmente pubblicato. In seguito, ti spiegheremo come iscriverti alla nostra associazione culturale per diventare un membro della redazione.