21 Luglio 1899, Oa Park, Stati Uniti d’America: in questa data nasceva il giornalista e scrittore che avrebbe segnato per sempre il mondo della letteratura, 116 anni fa nasceva Ernest Hemingway.
Hemingway fu giornalista e scrittore. In tutti i suoi libri si nota il suo amore per la natura, la caccia, l’avventura e la pesca. Tutto ciò affonda le radici nell’infanzia del suddetto: il padre, rinomato medico e naturista, gli trasmise tutte le sue passioni. Imparò da piccolissimo persino ad usare il fucile. Finito il liceo non intraprese la carriera universitaria ma si dedicò al giornalismo presso il quotidiano locale Kansas City Star. Esercitò la sua attitudine alla scrittura grazie a due suoi insegnanti e al vice capocronista del giornale dove lavorava. Nel 1917 accadde l’evento che lo segnò a vita: gli USA entrarono in guerra. Hemingway si arruolò come volontario ma per un difetto alla vista venne ingaggiato come autista della Croce Rossa in zone di guerra. Il protagonista del suo libro più importante, Addio Alle Armi, sarà proprio un’autista di ambulanze in zone di guerra come l’Italia: la trincea gli penetrò l’anima. Durante il suo servizio al fronte fu gravemente ferito a seguito di un attacco di bombarda austriaca e, sempre nello stesso attacco, da colpi di mitragliatrice. Nell’ospedale presso cui venne curato conobbe l’infermiera austriaca Agnes von Kurowsky. Di lei, Hemingway, si innamorò perdutamente, ma la donna non mantenne la promessa di sposarlo. Infatti in Addio Alle Armi il protagonista sarà ferito allo stesso modo dello statunitense e si innamorerà di un’infermiera.
«Potevamo sentirci soli mentre eravamo insieme, soli contro gli altri. Mi è capitato così soltanto una volta. Sono stato solo mentre ero con molte ragazze e questo è il modo in cui si può essere più soli. Ma noi non eravamo mai soli e non avevamo mai paura quando eravamo insieme. So che la notte non è come il giorno: che tutte le cose sono diverse, che le cose della notte non si possono spiegare nel giorno perché allora non esistono, e la notte può essere un momento terribile per la gente sola quando la loro solitudine è incominciata. Ma con Catherine non c’era quasi differenza nella notte tranne che era anche meglio. Se la gente porta tanto coraggio in questo mondo, il mondo deve ucciderla per spezzarla, così naturalmente la uccide» (Addio alle armi, 1929)
Alla fine della Grande Guerra girò l’Europa con la sua prima moglie. In seguito il Toronto Star lo mandò come inviato a Costantinopoli per seguire la guerra tra Grecia e Turchia, ma dovette tornare poco dopo che i cristiani evacuarono la Tracia per colpa della malaria. La malattia gli consentì di dedicarsi a quello che i latini chiamavano otium letterario: Ernest lavorò al suo primo romanzo, Fiesta (il sole sorgerà ancora), ispirato dai matador, dall’ambiente di Parigi e dalla Spagna. È questo romanzo a conferirgli il primo vero successo, tuttavia fu proprio in questo periodo che divorziò dalla prima moglie per contrarre un secondo matrimonio. All’avvento degli anni ’30 Hemingway iniziò a girare il mondo: la sua esperienza più significativa fu senza dubbio quella che lo vide girare l’Africa per un Safari di caccia; a seguito di ciò scriverà Verdi Colline d’Africa. È in questo libro – poco considerato – che lo scrittore pronuncerà implicitamente il suo manifesto di scrittura: «La maniera di andare a caccia è di poter cacciare tutta la vita, fino a che c’è questo o quell’animale, come la maniera di dipingere è di dipingere sino a che tu esista ed esistano tela e colori, e quella di scrivere è sin che tu riesci a vivere e vi siano lapis e penna e carta e inchiostro o qualsiasi altro strumento per farlo, e qualcosa di cui ti importi scrivere, e tu senta che sarebbe stupido, che è stupido fare in qualsiasi altro modo».
Successivamente Hemingway riprese persino l’attività giornalistica e comprò una barca grazie a cui, fino ad un grave incidente, coltivò la sua passione per la pesca. La guerra non gli uscì mai dalla mente e trovò rifugio nell’alcool a causa dei vari traumi che la vita gli offrì. Seguì la guerra civile spagnola e si sposò una terza volta: è proprio in questo scenario di lotta tra partigiani iberici e fascisti franchisti che verrà ambientato un altro suo capolavoro, Per chi suona la campana (il titolo è tratto da un sermone di John Donne, «E allora non chiedere mai per chi suona la campana. Essa suonerà per te», in cui il riferimento alla morte è duro, ma sottile). Hemingway, comunque, condannò duramente il fascismo, egli sostenne che tale fenomeno era «una menzogna detta dai prepotenti».
«’Addormentiamoci’ disse egli e sentì contro di se il corpo lungo, leggendo, che lo confortava e aboliva la solitudine, magicamente, con un semplice tocco dei fianchi, delle spalle e dei piedi, che faceva con lui un’alleanza contro la morte» (Per chi suona la campana, 1940)
Con l’avvento della Seconda Guerra Mondiale, pubblicato pure Le Nevi del Kilimangiaro, e aggravatisi i problemi al fegato a causa dell’alcolismo, Hemingway intraprese un’attività di controspionaggio su ordine del suo Paese per impedire ai nazisti di infiltrarsi a Cuba. Usò proprio la sua barca – Pilar – come copertura. Partì poi con la terza moglie per l’avventura nei mari dei Caraibi che gli ispirò il romanzo Isola Nella Corrente. Ernest andò in Europa a seguito dello sbarco in Normandia per seguire la Seconda Guerra Mondiale: un incidente d’auto con conseguente commozione celebrale lo fermò per un periodo. L’unica cosa da cui non si allontanò fu l’alcool: quasi tutti i personaggi dei suoi libri, peraltro, bevono tantissimo; ricorre sovente la figura del whisky e soda, o ancora dell’assenzio. Finita la guerra si sposò per la quarta volta e ricevette diverse onorificenze di guerra. La sua salute divenne sempre più cagionevole: oltre un secondo grave incidente d’auto contrasse pure due polmoniti.
Al ritorno dalla guerra, recatosi a Cuba, scrisse Il Vecchio e il Mare: ed è proprio grazie a questo romanzo che vinse il premio Pulitzer. «C’è sempre speranza, ma a volte non riesco a sperare. Cerco sempre di sperare ma a volte non ci riesco». Nel 1954 vinse il Nobel per la letteratura, ma non vinse mai la depressione che lo stava avvolgendo sempre di più. Come scrisse in Addio Alle Armi «Nessuno può aiutare se stesso». Logorato dalle crisi depressive e dall’epatite iniziò a meditare l’idea del suicidio, nel frattempo, però, sopravvisse persino a due incidenti aerei. Gli ultimi anni della sua vita furono spesi in viaggi frenetici. La mattina del 2 Luglio 1961 la sua quarta moglie fu svegliata in un modo un po’ insolito, da un colpo di fucile. Hemingway si era sparato in bocca. Cuba segnò molto la sua vita. Non solo diede immortalità alle sue opere con uno stile di scrittura unico, ma diede fama anche a due cocktail cubani il Mojito alla Bodeguita del Medio in Calle Empedrado e il Daiquiri al Floridita in Calle Obispo.
«Non m’importava che cosa fosse il mondo. Volevo soltanto sapere come viverci. Forse, se scoprivi come viverci, imparavi anche che cos’era» (Fiesta, 1926)
Francesco Raguni
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