Da vari anni il sistema sanitario italiano deve affrontare una vera e propria “caccia aperta” che riguarda gli infermieri italiani.
Dai tempi dell’emergenza Covid-19, l’Italia si è trovata ad affrontare la mancanza di medici e di infermieri che ha causato vari disagi al sistema sanitario pubblico. Il decreto “Rilancio”, varato nel maggio 2020 in piena crisi pandemica, aveva previsto l’assunzione di 9.600 infermieri proprio per rispondere alle esigenze legate all’emergenza sanitaria, però finora ne è entrato in servizio il 10%. Proprio il Covid ha messo in evidenza un disagio che ha coinvolto tutta la popolazione.
A distanza di anni dallo scoppio della pandemia il numero degli infermieri in Italia non ha fatto altro che peggiorare, essendo entrati in gioco tanti altri fattori che hanno alimentato la problematica. Le offerte da parte di Paesi esteri ai nostri infermieri hanno sedotto molti professionisti che, tra l’altro, oltre al posto di lavoro, si vedevano garantiti anche uno stipendio molto più alto. Ciò ha comportato delle conseguenze per i dipendenti che sono rimasti in prima linea negli ospedali italiani, costretti a sopportare dei ritmi insostenibili.
La FNOPI (Federazione Nazionale Ordine Professioni Infermieristiche) ad inizio anno ci ha fornito dei dati per comprendere in maniera più concreta l’andamento di questo fenomeno. In Italia ci sono circa 395 mila infermieri attivi iscritti all’albo, di questi 279 mila sono dipendenti del servizio sanitario nazionale (Ssn), circa 80 mila sono liberi professionisti e 40 mila lavorano in strutture private.
La situazione italiana, messa a confronto con la media europea, mostra un dislivello preoccupante. “Health at a glance: Europe 2022” riporta alcune percentuali italiane risalenti al 2020 in rapporto alla percentuale europea. Nel 2020 in Italia c’erano 6,3 infermieri ogni mille abitanti, mentre la media dei Paesi dell’Unione europea arrivava a 8,3. All’interno del personale sanitario, c’erano 1,6 infermieri per ogni medico, contro una media europea di 2,2.
Se uniamo questi dati alle cifre degli stipendi proposti dai vari Paesi europei, possiamo farci un’idea del perché di questo squilibrio. Ad inizio 2023 si è calcolato che il Ssn italiano necessiterebbe di ben 63,5 mila infermieri in più e secondo la Corte dei Conti, il personale infermieristico italiano è «pesantemente sottodimensionato» in molte aree del Paese e, soprattutto, se confrontato con la situazione in altri Stati europei.
“È necessario che al più presto si affronti seriamente la situazione della carenza infermieristica senza ricercare alchimie o scorciatoie rispetto ad un fenomeno divenuto ormai strutturale” – afferma la Società Italiana per la Direzione e il Management delle Professioni Infermieristiche (SIDMI) in un documento volto ad analizzare la situazione degli infermieri in Italia a fine settembre 2023. SIDMI denuncia la necessità di mettere in atto una riforma strutturale per arginare la perdita di infermieri. Infatti, oltre ad una bassa percentuale di iscritti ai corsi di laurea specialistici in professioni infermieristiche, vi sono molti professionisti già formati dal sistema universitario italiano, che decidono di emigrare all’estero.
La FNOPI ad inizio settembre aveva segnalato un ulteriore dato che mostra l’aggravamento del quadro generale. Le domande di accesso ai corsi di Laurea di Scienze Infermieristiche in alcuni Atenei, per la prima volta, non hanno raggiunto nemmeno il numero di posti a bando. La riduzione media è del -10% rispetto allo scorso anno accademico: -12,6% al Nord, -15% al Centro e -5,7% al Sud. Questi numeri mostrano come i giovani neodiplomati sempre più di rado scelgono di iscriversi ad un corso di laurea in professioni sanitarie.
Le prospettive di crescita a livello lavorativo e salariale sono sempre più in negativo. I giovani guardano con attenzione alle loro possibili prospettive lavorative e il settore infermieristico italiano non tutela in modo adeguato gli stipendi.
Vi è anche un luogo comune all’interno delle Università e negli stessi ospedali che considera gli infermieri come professionisti sanitari di serie B rispetto a medici. Il senso di subordinazione e la scarsa presa in considerazione sarebbero alcuni dei tanti motivi che porterebbero i giovani a scegliere di seguire altri percorsi universitari considerati maggiormente gratificanti. Nei casi più disonorevoli per l’Italia, i nostri professionisti decidono di continuare la loro carriera all’estero.
Negli ultimi anni la Svizzera, gli Emirati Arabi, e ad oggi anche la Norvegia, hanno reclutato molti professionisti italiani nelle loro strutture sanitarie, “strappando” via molti componenti dalla schiera italiana. Recentemente, la Norvegia ha reclutato molti infermieri italiani con l’offerta allettante di un posto di lavoro a tempo indeterminato fino a 3500 euro al mese. Inoltre, per i primi mesi, offre la possibilità di avere vitto e alloggio pagati dallo Stato stesso e, infine, non è richiesta la conoscenza della lingua che sarà poi imparata sul luogo con dei corsi appositi forniti dallo Stato.
Oltre a reclutare personale già inserito nel mondo ospedaliero italiano, la Norvegia si propone di reclutare anche i giovani studenti di infermieristica al terzo anno che hanno dimostrato grandi doti e preparazione. L’attenzione rivolta ai professionisti italiani, sicuramente è sintomo della loro alta formazione, ulteriore schiaffo in faccia per il sistema nazionale italiano, che si lascia sfuggire i propri professionisti tanto qualificati da essere voluti negli altri paesi. In soli tre anni si conta che già ben 7mila professionisti hanno preferito lavorare all’estero e ci si interroga su come porre rimedio a questa tendenza negativa.
Il piano sui fondi del Pnrr, Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, ottenuto dall’Unione Europea durante la pandemia, menziona tra i suoi punti una “Missione 6”. Si parla di una riforma ospedaliera che deve considerare gli infermieri al centro per quanto concerne: l’assistenza domiciliare, la loro presenza nei consultori, la nascita della nuova figura de “infermiere di base e comunità”. Purtroppo i dati noti, ad oggi, mostrano che il risultato di 30 mila nuove assunzioni con il piano finanziato dal Pnrr non è stato raggiunto.
Recentissime notizie ci informano di una “Manovra 2024” che riguarderebbe un aumento nelle buste paga di OSS (operatore socio-sanitario), infermieri e professionisti sanitari pubblici. Lo scorso 16 ottobre è stata proposta una nuova legge di bilancio che permetterebbe un taglio alle tasse sugli stipendi:
– meno il 7% per redditi fino a 25.000 euro;
– meno il 6% per redditi fino a 35.000 euro.
In relazione a questi provvedimenti potremmo dire che l’incremento negli stipendi sarebbe solo di 100 euro. Un vero e proprio palliativo considerando la situazione generale e nazionale dei nostri infermieri.
Fonte immagine in evidenza: Point
Alessia La Porta
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