Se ne è andato all’improvviso, colto da un malore, Elio Fiorucci: aveva da poco compiuto 80 anni. Scompare così uno degli innovatori della moda italiana e internazionale. Non era un uomo di moda, ma un “Uomo di Costume”: una fabbrica di creatività, libertà e sperimentazione. Con lui si era sviluppata una corrente positiva di pensiero, la Happy Therapy che portava sempre in giro, col sorriso. Intuizione e sensibilità hanno caratterizzato tutta la vita dello stilista che ha segnato un’epoca della moda italiana. A metà degli anni Sessanta ha portato a Milano lo spirito libero e trasgressivo della Swinging London. Il viaggio in Inghilterra ha contribuito all’ispirazione: la scoperta di Biba, di King’s Road, Carnaby Street… «Quel casino che rompeva le vecchie regole – i negozi di abbigliamento tutti all’insegna dell’aristocrazia inglese o dello chic di Parigi – mi commossero» ricordava.
Un signore sempre cordiale, gentile, amichevole. Una rarità nel mondo della moda, dove persiste la malsana convinzione che per essere cool bisogna essere per forza scontrosi e snobisti: «Sono un commerciante che ha l’umiltà di guardare con attenzione alla vita, ai comportamenti» amava sottolineare, ricordando che la sua intuizione fu quella di comprare e riportare in Italia gli oggetti che trovava nel suo girovagare. Il 1967 fu l’anno dell’esordio: apre il primo negozio in Galleria Passerella a Milano disegnato da Amalia Del Ponte. Ma già nel 1970 inizia la produzione di abiti per il tempo libero, jeans in particolar modo, con il marchio Fiorucci. Nel 1973 crea i primi jeans skinny (disegnati sul sedere delle ragazze) e nel ‘76 apre la vetrina a New York sulla 59a Strada. Lo store colorato diventa un punto d’incontro che attrae, tra gli altri, Andy Warhol e Truman Capote. Ci passa anche una giovanissima Madonna che fa il suo primo concerto nell’83 allo Studio ‘54 proprio per il 15esimo anno di Fiorucci. A New York , “il commerciante funky” (come lo definì Luisa Valeriani) conobbe anche Keith Haring che nel 1984 firma il restyling dello store milanese con i suoi graffiti. Warhol invitò Fiorucci anche a casa sua e da quelle pareti piene di quadri dell’800 Elio impara che «la modernità non è solo il nuovo, ma è la consapevolezza del passato». Conobbe anche Jean Michel Basquiat giovanissimo, a cui dedica un film-documentario. Gli anni ‘80 segnano l’apice del successo del commerciante milanese con l’approdo a Los Angeles, in Rodeo Drive. Seguiranno Tokyo, Sydney, Rio e Hong Kong.
Negli anni ’90 lo stile libero Fiorucci continua a vivere e si reinventa con Love Therapy: al posto degli angioletti vittoriani (logo che lo ha reso famoso nel mondo) spuntano nani e cuori in un mondo rosa, all’insegna di «pace, amore e buon umore». Una filosofia di vita in cui Elio ha creduto fino in fondo, fino alla scelta di diventare vegetariano per «non mangiare gli amici animali». Diceva così: «Negli anni ‘70 c’era bisogno di provocare per liberare, oggi serve la cura dell’amore». Nella Milano negli anni Settanta si marinava la scuola per andare a fare un giro da Fiorucci, nel famoso store in piazza San Babila. Chi poteva comprava i jeans: bellissimi, un denim leggero con sfumature indaco stretti sulle gambe ma scampanati sul fondo, molto hippie chic. Chi non poteva, aveva però a disposizione una grande bolla di vetro al centro dello store, piena di etichette Fiorucci: le si acquistava a poco prezzo e le ragazze meno fortunate li applicavano sui vecchi jeans. Bastava questo per fare capire che si apparteneva già a un mondo nuovo, democratico, divertente, senza regole. Questo era Elio Fiorucci: un uomo oltre le marche, oltre i marchi, oltre le mode.
Chiara Grasso
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