Tutti noi passiamo la maggior parte della giornata con in mano il nostro smartphone. Lo utilizziamo per comunicare con altre persone, per cercare notizie, informarci su qualcosa che ci interessa, o più semplicemente per rilassarci utilizzando i social o qualche app divertente.
Quello che spesso ci sfugge, però, è che siamo costantemente monitorati e controllati: quello che scriviamo e dove siamo sono tutte informazioni che i nostri telefoni conoscono molto bene e usano per mostrarci cose che potenzialmente potrebbero interessarci, al fine di chiederci recensioni su posti che abbiamo visitato; ovviamente, questi sono solo alcuni dei tanti esempi possibili. Se abbiamo la localizzazione attivata, non di rado, capita di ricevere da Google notifiche riguardo orari di treni e autobus i quali percorrono una tratta che porta dritta a casa, o ancora la richiesta di informazioni riguardanti un negozio che abbiamo appena visitato. Ogni qualvolta cerchiamo un oggetto sul famoso motore di ricerca, come per esempio un telefono o una semplice cover, ci ritroviamo invasi di annunci che ce lo ricordano e ci spingono a comprarlo.
Le cose stanno peggiorando ancora perché adesso anche ciò che diciamo in presenza del nostro telefono viene registrato e inviato ai server di Google. Una delle funzioni che tutti gli smartphone hanno è l’assistente vocale, attivabile solo pronunciando una frase. Nei cellulari Android, per esempio, si attiva pronunciando «Ok Google» seguito da ciò che vorremmo facesse, come «cerca un ristorante vicino casa». Che tutto ciò che diciamo all’assistente vocale venisse registrato su un server, lo immaginavamo già; la cosa che non tutti sanno, però, è che spesso quest’assistente, il quale dovrebbe servire a migliorarci la vita, si attiva in “modalità silenziosa” anche se viene detto solo «ok» o se recepisce una frase che ricorda quella di avviamento (quante volte, difatti, si attiva il telefono anche se noi stiamo dicendo cose completamente diverse da «ok Google», o «ciao Siri» nel caso dei dispositivi iOS?). Tutto ciò che il telefono registra (anche in incognito), viene usato per monitorarci e “migliorare” l’esperienza di navigazione. Lo scopo sarebbe anche ammirevole, se non fosse perseguito utilizzando modi non chiari e dichiarati. Oltre al sistema di Google, anche alcune app registrano ciò che diciamo per utilizzarlo a proprio vantaggio. La domanda sorge spontanea: come possiamo difenderci?
La risposta è più semplice di quanto si creda, poiché basta andare nelle Impostazioni del telefono e seguire alcuni semplici passi che ci permetteranno di disattivare siffatte funzioni e tenere privato ciò che facciamo, o quanto meno provarci. Entrando nelle Impostazioni e nella sezione dedicata a Google, sarà possibile decidere quali dati vogliamo che il motore di ricerca utilizzi. Cliccando sulle impostazioni della privacy si potranno, invece, visionare le proprie attività (tutto ciò che fino a quel momento il telefono ha immagazzinato) e cliccando su Gestione Attività, inoltre, si potrà decidere quali eliminare e rendere non registrabili, così da aumentare il proprio livello di privacy.
Per quanto riguarda il problema legato alle app, infine, basterà andare nella sezione Applicazioni che troviamo nelle Impostazioni, cliccare su Autorizzazioni App e controllare quali hanno accesso alla fotocamera, quali alla posizione, al microfono eccetera, decidendo che autorizzazioni lasciare e quali togliere. Chiaramente, ci sono alcune applicazioni che per funzionare hanno bisogno di determinati permessi: ad esempio, la fotocamera deve sempre avere accesso all’obiettivo del telefono, altre autorizzazioni che, tuttavia, non servono ai loro fini: vi sono molte applicazioni, per l’appunto, che si occupano di ritoccare immagini, avendo bisogno di accedere al microfono. Grazie a questi piccoli accorgimenti sarà possibile diminuire le informazioni a cui Google, i sistemi dei dispositivi o più semplicemente le applicazioni che scarichiamo, hanno accesso.
Martina Sacco
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