Nelle sale cinematografiche è appena uscito il secondo episodio della storia di Ted, l’orsacchiotto in vita che è sempre stato con il suo proprietario fin dall’infanzia e di cui è diventato migliore amico. Il film, come il primo uscito nel 2012, è sempre diretto da Seth MacFarlane (colui che sta dietro al performance capture e al doppiaggio dell’orsacchiotto). Questo secondo episodio muta la sua struttura narrativa in una storia in cui il protagonista diviene Ted stesso, mettendo in evidenza la sua grottesca lotta per essere riconosciuto come umano. L’esito sarà abbastanza banale ma il film è intriso di umorismo dai tempi e dalle trovate folgoranti.
Ciò che manca a questo nuovo episodio è in realtà la dimensione sentimentale e metaforica che connotava il primo film, non interessandosi a sviluppare il discorso intorno agli adulti che sono rimasti bambini accompagnati dall’“amico immaginario”, orientandosi sul terreno del surreale, tentando di tirare fuori qualche risata e rappresentando il tipico spettatore contemporaneo. Non vi è alcun dubbio, d’altra parte, che sia il primo che il secondo film rappresentino, critichino e raccontino l’essenza del target prediletto dal mondo di Hollywood. In un certo senso, i due amici “fattoni” di Seth MacFarlane glorificano quel tipo di cultura e di atteggiamento verso la vita in esultanza demenziale, una caricatura della realtà che mette la lente d’ingrandimento su alcune sue caratteristiche. I due personaggi medi di Ted 2 rappresentano in scena la moderna industria dell’intrattenimento e con essa tutti i personaggi prodotti.
In fin dei conti, il film rappresenta un prodotto commerciale, appunto, da mettere in serie e da proporre a un mercato miope e conservatore. Da una parte il cinema-prodotto viene venduto e venduto copiosamente; dall’altra la ricerca d’autore è confinata entro spazi circoscritti, per addetti ai lavori, per critici ed esperti pubblici festivalieri. Oggi c’è sicuramente un bisogno di evadere giustificato, soprattutto mediante le commedie, ma eccessivamente infantile, frutto del basso livello culturale generale.
Enrico Riccardo Montone
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