“Icons and Women” è la rassegna fotografica ospite a Forlì che racconta storie, vicende e realtà di Paesi e persone divenute oggi icone e simboli famosi in tutto il mondo. Steve McCurry, grazie al suo lavoro e alla sua passione, suscita emozioni contrastanti tra meraviglia e sconforto.
È sufficiente citare La ragazza Afghana perché a molti torni alla memoria quella bellissima fotografia scattata nel 1984 e le molte altre del celebre Steve McCurry, che da trent’anni è una delle figure principali nel panorama della fotografia contemporanea. La mostra, ospite ai musei San Domenico di Forlì e curata da Biba Giacchetti, offre una selezione dei numerosi lavori dell’artista, incentrata, qui soprattutto, sulla figura della donna, da cui tratto il titolo dell’esposizione, “Icons and Women”, che si concluderà il 10 gennaio 2016. Si trovano, in particolare, ritratti di donne afghane, yemenite, birmane e indiane, protagoniste dei luoghi dove McCurry ha lavorato più a lungo; nello specifico, regioni state oggetto di disastrosi conflitti militari.
Si è immersi in alcune stanze poco illuminate dalla luce artificiale, ma rese sfavillanti dalle fotografie che, con i loro colori vivaci e autentici creano un’atmosfera coinvolgente ed emozionante. Con l’aiuto di un’audioguida gratuita è anche possibile conoscere, secondo lo stesso McCurry, il “perché” celato dietro alcune immagini e la scelta di rappresentarle in quel preciso modo. Si scoprirà, pertanto, di come un’istantanea, allo maniera di ogni forma d’arte, sia ricca di significati che vanno ben oltre l’immagine rappresentata, e di come l’attesa e la costanza nel cercare lo scatto giusto renda un uomo un grande artista. Sono innumerevoli, infatti, le volte in cui McCurry torna nei Paesi già visitati in più circostanze, riuscendo ogni volta a scovare qualcosa di nuovo da raccontare; ancor di più, sono le volte in cui “aspetta” che la fotografia arrivi da sé. Diviene, pertanto, fondamentale individuare sempre una nuova prospettiva, una nuova inquadratura mediante cui rappresentare, in modo innovativo e originale, quello che è già stato ritratto in mille altre occasioni. Ciò che sicuramente colpisce è anche l’incredibile gioco di contrasti e contrapposizioni che l’artista mostra, accostando temi e realtà differenti, lavorando e scattando soprattutto per le strade, poiché ciò che si osserva direttamente «sono pezzi di vita», quotidianità di persone così lontane dal resto del pianeta.
Oggi la fotografia è divenuta una delle forme d’arte più diffuse grazie principalmente alle nuove tecnologie e all’era digitale, ma molti in passato sono stati i grandi giornalisti che grazie all’ausilio della macchina fotografica hanno riportato quello che succedeva nel mondo, come il celebre Robert Capa (1913 – 1954), famoso reporter di guerra che documentò i più grandi conflitti mondiali: è ciò che anche McCurry vuole fare con le sue opere, rendendo partecipe il mondo di “altri mondi”. Il percorso della mostra si conclude, per la gioia degli appassionati, con il famoso ritratto di Sharbat Gula, ragazza fotografata nel campo profughi di Peshawar (sito tra il Pakistan e l’Afghanistan), il quale valse a McCurry la copertina nel National Geographic nel 1985. Accanto a questa bellissima figura femminile, visibilmente segnata dalla sofferenza e dalla fatica, si accosta la foto della stessa protagonista diciassette anni dopo, ritrovata quasi per miracolo dallo stesso McCurry. Ancora una volta è possibile meravigliarsi davanti a tanta espressività e suggestione, contenenti, però, realtà critiche per le quali molte persone, ancora oggi, vedono svanire il proprio futuro.
Sofia Bonomo
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