CANNES – Joueurs è il nuovo film di Marie Monge con Tahar Rahim e Stacy Martin presentato alla Quinzaine des Réalisateurs, comunemente nota come la “Quinzaine”. E una selezione parallela del Festival del cinema di Cannes creato dopo gli eventi del maggio 1968 e organizzato dalla Society of Film Directors. Questo festival è totalmente indipendente dal Festival del Cinema di Cannes, originariamente creato per competere con esso e mostrare agli spettatori film provenienti da tutti gli orizzonti, realizzati da cineasti sconosciuti.
Ha rivelato nuovi talenti, tra cui George Lucas, Ken Loach, i fratelli Dardenne, Michael Haneke e Spike Lee. Il film di produzione francese racconta della vita di Ella che viene sconvolta dall’incontro di Abel. Irresistibilmente attratta da questo amante inafferrabile, la giovane donna scopre il mondo cosmopolita e sotterraneo dei circoli di gioco di Parigi, dove adrenalina e denaro diventa un regno supremo. La loro storia d’amore, iniziata come una semplice scommessa, si trasforma in una passione divorante. La regista ci spiega: «Questa coppia di personaggi che considera la loro storia d’amore come parte di un gioco in cui bisogna affrontare pure tutti i rischi. L’origine del film risale alla prima volta quando ho scoperto un mondo affascinante che non conoscevo l’esistenza. La cosa che mi ha spinta a fare questo film, sono le persone che ho incontrato lì, tutte questi personaggi che popolano questo ambiente. In questo mondo ho trovato tutte le classi sociale convergenti in unico posto, quando il resto della città si chiude e si spegne.
Puoi trovare quelli annoiati dopo una festa, i commercianti del quartiere, i clienti abituali, turisti, e addirittura persone per uccidere la noia. All’interno di questa fauna notturna, abbiamo tutti i tipi di culture, lingue e nazionalità in una sorta di mondo parallelo della società. Dopo, ci sono diversi tipi di giocatori come Abel (Tahar Rahim) nel film, quelli che non hanno davvero una relazione con il denaro e per loro il gioco è solo un’avventura, un modo di vivere».
Marcello Strano
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