«Entrai nella libreria e aspirai quel profumo di carta e magia che, inspiegabilmente, a nessuno era venuto in mente di imbottigliare». Quante volte, come afferma Carlos R. Zafón nel romanzo Il gioco dell’angelo, saremo stati sommersi dall’aroma magico e romantico che pervade librerie e biblioteche di qualsiasi luogo? Quante volte ci siamo ritrovati ad affondare il viso tra le pagine di un libro appena acquistato per poterne cogliere l’inebriante profumo? L’odore dei libri, da sempre, esercita un fascino misterioso e impenetrabile sui lettori di tutto il mondo; esso è in grado di arricchire l’esperienza della lettura, conferendole quasi una dimensione mistica, impalpabile e surreale.
Nella disputa tra ebook e libri stampati, infatti, i lettori più tradizionalisti pongono come elemento imprescindibile alla lettura proprio il profumo che solo la carta può emanare e in cui gli apparecchi elettronici sono, chiaramente, manchevoli. Se da una parte gli ebook offrono maggiore comodità, praticità e fruibilità, dall’altra solo i libri cartacei sarebbero in grado di evocare sentimenti e percezioni che vanno al di là della concreta esperienza di lettura. Questo, almeno, è quanto affermano i lettori più “romantici”, ma da dove proviene questa fragranza tanto amata?
La risposta a questo interrogativo ha provato a darla Andy Brunning, chimico inglese in pensione, nel suo blog Compound Interest in cui si occupa di analizzare i componenti chimici degli oggetti di uso quotidiano; Brunning spiega, attraverso una formula chimica, l’origine del profumo dei libri. Secondo il chimico la fragranza si creerebbe dalla combinazione di elementi volatili espansi da inchiostro, carta e colle per la rilegatura. Bisogna precisare, tuttavia, che le variabili in campo sono molte, a partire dalla quantità e dalla qualità dei componenti utilizzati e, per tale ragione, è difficile creare una classificazione esatta. Una menzione speciale va, per esempio, ai libri antichi dalle classiche pagine un po’ ingiallite, il cui fascino etereo è spesso custodito nelle biblioteche o in soffitte polverose, difatti, per quanto riguarda i testi antichi, secondo Brunning, l’odore sarebbe un fattore di rilievo per stabilirne l’età e lo stato di conservazione. Nel blog si spiega che al degradarsi di lignina e cellulosa contenuti nella carta, sotto l’impulso del tempo, esse provocano l’ingiallimento delle pagine e il rilascio delle componenti chimiche presenti. Secondo il chimico, quindi, il profumo dei libri deriverebbe dal processo d’invecchiamento della carta, la quale liberando gli aromi della vaniglia, della benzaldeide (tipica per il suo profumo di mandorla) e di odori dolci e floreali, donerebbe all’olfatto quella fragranza magica dei vecchi volumi. I libri pubblicati ai nostri giorni, al contrario, in quanto prodotti con carta di maggiore qualità, sono meno esposti al degrado del tempo e, dunque, non producono il medesimo, inconfondibile aroma.
Nessuna magia o solo un processo chimico? Qualunque sia la connotazione che si voglia dare al profumo di un libro, incantato e astratto per i romantici o scientifico e concreto per i più razionali, sta di fatto che i profumi della carta affascinano a tal punto che le case produttrici hanno tentato di catturane l’essenza e metterla in boccetta. Demeter Fragrance Library Inc, per esempio, si sarebbe ispirato all’odore dolce, con un retrogusto stantio, di un vecchio volume della scrittrice britannica Barbara Pym per creare la sua fragranza Paperback. Tome 1 della maison francese Zadig e Voltaire, invece, s’ispira all’odore delle antiche biblioteche ricordando la forma di un libro; infine, Amouage ha lanciato sul mercato Library Collection, composta da cinque fragranze.
Al di là delle regole di deterioramento, oltre qualsivoglia formula chimica, esiste un incanto che nessuna maison potrà mai imbottigliare. Qualcosa di impalpabile e completamente libero: il trasporto puro e sincero per la lettura, un intruglio di carta, parole e magia che trasporta i lettori in una dimensione fantastica e incontaminata, che tanto somiglia all’immensità.
Debora Guglielmino
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