I primi normanni giunsero in Sicilia da Mileto con il Conte Ruggero d’Altavilla, chiamato in aiuto dal signore musulmano Ibn-at-Thumnah, in lotta col signore di Agrigento. Le spedizioni si susseguirono a piccole ondate, con le fasi di occupazione inframmezzate da lunghe fasi di assestamento; la conquista venne completata nel trentennio 1061/91: nella liberazione della Sicilia dal dominio arabo, il conte Ruggero giunse a Sciacca dopo la presa di Agrigento.
Non appena Ruggero conquistò Sciacca, una delle sue prime cure fu di restaurarne le mura e di costruire un castello ben difeso, a protezione del Caricatore: le mura normanne cingevano solo la cosiddetta “Terra Vecchia”, antico borgo compreso tra Piazza Scandaliato, Porta Bagni, la chiesa di San Nicolò La Latina e lo stesso castello. Una delle prime costruzioni di Ruggero a Sciacca fu la Chiesa del Santissimo Salvatore, innalzata contemporaneamente al Castello Vecchio, tra il 1087-1089.
Il fatto più significativo per la storia di Sciacca avvenne nel 1100 quando poco prima di morire, Ruggero donò la città alla figlia Giulietta come dote di nozze per aver sposato il nobile Roberto Zamparrone di Basseville.
Gli storici locali, raccontano dell’amore segreto e contrastato di Giulietta per il cugino Roberto di Basseville, figlio di Goffredo d’Altavilla pronipote di Ruggero. Leggendaria è la loro storia d’amore: essendo il loro un amore contrastato, i due decisero di fuggire; la loro sparizione suscitò uno scandalo, Ruggero li fece cercare dappertutto, anche all’estero: in realtà Giulietta si era nascosta nella sua stessa Sciacca, sullo scoglio di Sant’Elmo, dove partorì un bambino, la cui nascita accrebbe la già difficile latitanza. La coppia decise di affidarsi ai consigli di Fra Mauro, un eremita del Monte San Calogero che aveva fama di sant’uomo. Il monaco decise che la soluzione era recarsi dal conte Ruggero portando il bambino, tentando di intenerirlo. Così partirono per Palermo a dorso d’asino, dove il frate mostrò il nipote al conte muovendolo al perdono. Ruggero dispose che la coppia si recasse al castello di Sciacca ad attendere la dispensa al matrimonio di papa Urbano II. Dopo averla ottenuta, furono celebrate le nozze nella Chiesa di San Pietro in Castro.
In espiazione della sua relazione peccaminosa, Giulietta fondata la Chiesa Madre, volle dedicarla a Maria Maddalena e visse a lungo nel Castello Vecchio circondata da numerose famiglie nobili, stabilitesi a Sciacca. La stessa proseguì l’opera edificatoria del padre, facendo costruire la “Torre Rotonda” o del “Fossato”, a protezione del Caricatore, e fondando anche svariate chiese. Secondo gli storici locali, rimasta vedova di Roberto Zamparrone di Basseville, sposò il nobile Gilberto Perollo, da cui ebbe due figli: uno di essi ereditò da Roberto il titolo di Conte di Loretello.
Lo storico Ignazio Scaturro ritiene che queste seconde nozze furono solamente l’invenzione di qualche cronista per ingraziarsi la famiglia Perollo; le nozze di Giulietta con Gilberto non avvennero mai, per il semplice fatto che Giulietta morì prima del marito Roberto.
Ruggero II fu un eccezionale uomo di stato, sia nell’amministrazione, che in politica estera. Il fatto che egli sia stato sensibile ai problemi della scienza e della tecnica, curioso della conoscenza della terra, lo invogliò ad affidare a Edrisi l’incarico di compilare un apposito trattato che divenne noto come “Libro di Ruggero”. Un’opera in due parti scritta in arabo: la prima rappresenta la superficie della terra con paesi e regioni, corsi d’acqua foci di fiumi, con distanze calcolate in miglia. Questa parte è andata perduta, ma rimane la seconda, con la descrizione della terra “che è tonda come una sfera e le acque vi aderiscono e vi si mantengono in un naturale equilibrio che non conosce varianti”.
Re Guglielmo I il Malo visse in lussuosi palazzi fuori Palermo, circondato da più musulmani del padre, fra sontuosi banchetti e numerose favorite.
Alla morte del padre Guglielmo II il Buono aveva 13 anni. Prima di morire Guglielmo il Malo nominò reggente la moglie Margherita di Navarra, che però dovette subire l’imbarazzante presenza del vescovo di Siracusa Palmer, rappresentante della casa baronale. La situazione interna si presentava incerta in quanto molti baroni ritornavano dall’esilio riprendendo possesso dei loro beni e castelli, tanto che nell’estate del 1166 Margherita ricorse all’aiuto dei parenti; molti arrivarono dalla Spagna e dalla Francia. Tutto questo irritò non poco i nobili siciliani, che la ridussero in condizione di inferiorità costringendola a subire il controllo di un regio consiglio fino a quando Guglielmo II non raggiunse la maggiore età iniziando a governare da solo. Ebbe fama di uomo giusto e pietoso, e visse come un sovrano orientale, circondato da concubine musulmane e da schiavi negri.
La successione di Tancredi di Lecce fu sostenuta da quei siciliani che volevano un re di stirpe normanna e il D’Ajello nel gennaio del 1190 riuscì a farlo eleggere nel Parlamento, sfruttando le circostanze concomitanti: il timore del Papa di essere accerchiato da un Imperatore che possedeva anche il Regno di Sicilia e la situazione di Palermo, che temeva di perdere la funzione di capitale del Regno. Tancredi lottò contro i baroni pugliesi ribelli e dovette fronteggiare un’altra sollevazione popolare contro i musulmani, decisi a conservare i propri commerci, i propri costumi e la religione.
Secondo Ibn Giubayr essi non avevano garantiti i loro beni, le donne e i bambini; si potevano riunire per celebrare i loro riti solo il venerdì ed era proibita la preghiera pubblica. A un ennesimo tentativo di saccheggio del quartiere arabo di Palermo, si scatenò la rivolta musulmana. Il timore di un massacro generale spinse alcuni a emigrare in Africa, ma i più cercarono scampo sulle montagne, dove si impadronirono di alcuni castelli: una vastissima zona della Sicilia per oltre un anno fu sconvolta da una guerra civile. Alla fine Tancredi riuscì a ricomporre la rivolta. Ormai vecchio e turbato dalla precoce scomparsa del figlio Ruggero, il Re morì a Palermo il 10 febbraio del 1194, lasciando il regno al piccolo Guglielmo III, sotto la reggenza della madre Sibilla.
Letizia Bilella
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