CATANIA – Conferenza stampa piena di clima positivista quella tenutasi ieri nella sala giunta di Palazzo degli Elefanti per presentare la raccolta firme per sostenere un disegno di legge dal nome No povertà, esclusivamente mirato a migliorare la condizione delle famiglie che si trovano nello stato di degenza assoluta all’interno della Regione siciliana. È la prima legge regionale a iniziativa popolare per cui si è riusciti ad avviare l’iter di sottoscrizione dai tempi dell’Autonomia Speciale del 1946. La conferenza stampa è stata presieduta dall’assessore comunale al Welfare, Angelo Villari, affiancato dai rappresentanti delle associazioni promotrici del disegno di legge: il Centro studi Pio La Torre , il Terzo Settore, la Cisl, l’Anci, Federterra, Confindustria, la Caritas e la Comunità di Sant’Egidio.
Una proposta che – come è stato più volte ribadito – si differenzia da quella del reddito di cittadinanza proposta dal Movimento 5 Stelle, la suddetta è stata preparata da un gruppo di economisti siciliani in seguito allo stupore suscitato dal risultato dei dati Istat del 2013, che identifica nel 41,1% delle famiglie della sola Sicilia lo stato di povertà assoluta e non relativa, ovvero la percentuale più alta del Mezzogiorno. L’obiettivo è proprio far superare questa condizione alle fasce di famiglie colpite mediante un progetto di integrazione economica e sociale e un affrancamento dal “bisogno essenziale” che, una volta palesatosi, potrebbe successivamente sfociare nell’illegalità e nella malavita. Alle famiglie che, quindi, ricevono uno stipendio complessivo inferiore agli 820 euro, verrebbe rilasciata una carta acquisti utilizzabile per i beni e i servizi di prima necessità; ogni famiglia, poi, verrebbe subordinata a un progetto di inclusione sociale attiva: una sorta di patto pubblico che il beneficiario della legge è tenuto a sottoscrivere.
I sindacati hanno ricordato che la città di Catania fu inclusa in un progetto di reddito minimo già nel 1993, ma l’iniziativa ebbe un modesto successo per via del coinvolgimento poco attivo dei rappresentanti delle attività commerciali e artigiane, che avrebbero dovuto fornire posti di lavoro per i disoccupati iscritti. «La legge va e deve essere approvata, non possiamo usare il condizionale» ha detto il portavoce del Terzo Settore Pippo di Natale, ribadendo la coesione tra i promotori, spesso divisi negli interessi, diversi per attività quotidiane, ma uniti in questa proposta, la cui adesione alla raccolta di firme pare mettere d’accordo tutti, istituzioni e sindacati, laici e cattolici. L’assessore Villari, spiegando punto per punto il programma di integrazione, ha dichiarato che esistono i fondi per attuare parte della riforma e che «verranno impiegati 100.000.000 di euro». Per far sì che l’Ars approvi il disegno di legge, depositato in data 25 Maggio 2015, dovranno essere raccolte diecimila firme. «Mi auguro se ne raccolgano almeno 50.000» ha dichiarato Vito lo Monaco, Presidente dell’Osservatorio Pio La Torre.
Alberto Abate
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