La tappa del nostro viaggio di oggi ci porta sul monte San Calogero, alla scoperta della chiesa e del Convento dedicati al santo.
Varcando la porta della chiesa subito salta all’occhio la statua marmorea del santo, posta all’altare maggiore, in atteggiamento di ineffabile dolcezza. La statua è stata scolpita da Antonello Gagini nel 1535/36: il gruppo doveva raffigurare, oltre al Santo ed alla cerva ferita, un arciere in ginocchio, ma la morte dell’artista nell’aprile del 1535 interruppe la realizzazione dell’opera che fu portata a termine –senza l’arciere- dal figlio Giacomo.
Sempre all’altare maggiore, sul lato destro, una tela raffigurante San Calogero che libera un’indemoniato: con la croce esorcizza il demonio che, sotto forma umana dalla coda serpentina, si precipita fra i fichidindia. Nella tela a sinistra, San Calogero che scende dal monte per evangelizzare gli abitanti. Nelle due tele il Santo veste come gli antichi eremiti: veste bianca, mantello e pazienza nera, ai fianchi una cinghia di cuoio da cui pende un rosario.
La volta della navata è stata affrescata da due diversi artisti: nella volta del transetto fino a metà, Vincenzo Lo Bello raffigurò San Calogero che esce dalla grotta, il maestro Vitabile affrescò il resto della navata con San Calogero in Gloria nella contemplazione della Vergine Maria.
Al maestro Vitabile vennero affidati tutti gli altri lavori di decorazione della chiesa: accanto alla tela di Santa Maria Egiziaca, L’istruzione e il battesimo che il Santo impartisce al beato Sierio, e l’altro di fronte con il Santo nei sentieri della selva.
Maggiore pregio artistico della Basilica è l’affresco che Vincenzo Tresca eseguì nel 1746 nel catino absidale con La glorificazione di San Calogero: il Santo, in atteggiamento estatico, contempla la gloria della Trinità e riceve dallo Spirito Santo, l’abbondanza della luce divina; ai lati del santo sono raffigurati diversi malati portati al cospetto del Santo.
Nei quadri delle navate si trovano dipinti alcuni santi penitenti, da destra entrando: Santa Margherita da Cortona in penitenza e contemplazione del Redentore che l’ha tolta dal fango; sul secondo altare la tela di San Girolamo; segue una Natività di Cristo. Sugli altari di sinistra si susseguono un quadro con Santa Maria Egiziaca, che riceve la comunione da Santo Zosimo, di Gaspare Testone, e l’Immacolata del ‘700, mentre sul terzo altare, un Crocifisso.
Nell’altare a sinistra del transetto, la Madonna del Soccorso (patrona della città) e frontalmente Sant’Ignazio con Francesco Saverio. I diversi stucchi della chiesa, le statue di Santa Maria Maddalena e di Santa Rosalia sono opera di Emanuele Bentivegna.
Il prospetto esterno è decorato da lucidi pilastri con mensole di base rifinite a dalie, mentre il doppio architrave è sovrastato da una cornice con festoni di foglie. Il cornicione divide orizzontalmente il prospetto in due parti disuguali: quattro pilastri di pietra lavica dal pavimento giungono alla prima cornice e poi al cornicione. I pilastri esterni terminano al cornicione, mentre i due interni inquadrano il finestrone e fanno da sostegno alla cornice sottostante l’orologio.
Sopra le porte laterali, due pannelli in pietra lavica mostrano lo sbarco di San Calogero a Lilibeo, e il santo che caccia i demoni. Davanti al sagrato, un crocifisso in pietra lavica, scolpito nel 1981 da Giuseppe Montes.
Nella stradetta che conduce alla grotta dove abitò il santo, sono collocate le seguenti scene: il martirio dei Santi Gregorio e Demetrio a Marsala. Nel secondo pannello il santo predica a un gruppo di persone. Nel terzo, guarisce i malati genuflessi davanti a lui. Nel quarto libera la città di Sciacca dal bombardamento. Nel quinto perdona Sierio.
I primi monaci che abitarono il monte, vissero in delle grotte adiacenti a quella del santo, finchè verso la fine del VI fu edificato il monastero, detto di Sergio, vicino alla Grotta. Qui vi si rifugiavano i monaci di Triocala, quando nell’860 i musulmani distrussero la città e il vescovado. Nel 1367 il convento di San Calogero fu aggregato a quello di San Nicolò la Latina. A ridare dignità alla chiesetta e al monastero provvidero i padri Benedettini di San Martino delle Scale nel 1393.
L’attuale santuario fu costruito nel 1530 grazie all’opera di don Mariano Manno, priore di San Nicolò la Latina dal 1526 al 1570, ma agli inizi del ‘700 l’eremo era nuovamente in decadenza; questa volta a profondere nuovo vigore furono i nobili spagnoli Diego Novegue e Giuseppe Serra, che completarono la chiesa decorandola con un gusto prevalentemente barocco.
La Grotta dove visse San Calogero si presenta come un piccolo vano di pochi metri, comunicante con un’altra grotta molto più piccola; sul muro è addossato l’altare su cui campeggia una composizione di mattonelle maiolicate che raffigurano il santo. Sul lato destro un piccolo passaggio immette all’interno di un vano dove leggenda racconta che il santo riposasse.
Anche per oggi il nostro viaggio termina qui, continuate a leggerci sempre, scopriremo ancora altre meraviglie.
Letizia Bilella
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