Il Madagascar è un’isola africana del Monzabico situata nell’Oceano Indiano. La grande isola si caratterizza per una variegata flora e fauna, infatti nelle sue terre sono presenti il 5% delle specie animali e vegetali del mondo, di cui l’80% è endemica (cioè si sviluppa solo in questa isola). L’economia del Paese si regge su un’ingente esportazione di prodotti tessili e di abbigliamento, destinati principalmente al mercato degli States, e di prodotti agricoli tra cui riso. Ma esiste un altro mercato di esportazione su cui il Madagascar ha costruito la sua ricchezza, o più precisamente la fortuna di una ristretta élite corrotta: il traffico illegale del bois de rose, pregiato legno rosa conosciuto al mondo come Dalbergia louvelli.
Da diversi anni infatti il Madagascar è nel mirino di numerosi attivisti ambientalisti che lottano in tutto il mondo per bloccare l’ingente traffico di tale materia prima che dalla costa orientale dell’isola- dove si estende per decine di chilometri il Parco Nazionale di Masoala- giunge sempre più spesso nelle coste della Cina, approdando al porto di Hong Kong con containers carichi di diverse tonnellate di palissandro. Attorno all’area protetta sono presenti piccoli villaggi dove la poverissima gente si guadagna da vivere con il commercio di riso, vaniglia, caffè e con il contrabbando di bois de rose. Nell’arco di pochi anni, la popolazione locale è passata da 1.200 a 1.800 abitanti a causa dell’arrivo di numerosi trafficanti del legno rosa; ma allo stesso tempo è aumentato notevolmente il livello di deforestazione del Paese, tant’è che il 70% delle foreste è scomparso.
A tale proposito, l’autorità scientifica della CITES ( Convenzione sul commercio internazionale delle specie di fauna e flora selvatiche a rischio di estinzione) da più di cinque anni denuncia i trafficanti del bois de rose del Madagascar ma nel 2009, anno dell’esplosione dello smercio illegale internazionale di tale pregiatissimo prodotto, dei 23 trafficanti soltanto 2 sono stati condannati da un tribunale per i delitti forestali. La stessa CITES ha esercitato, inoltre, una forte pressione sul governo cinese, il principale importatore di legno rosa del Madagascar, cosicchè a partire dal 2013 è riuscita ad ottenere l’ordine per tutte le autorità doganali della Cina ad eseguire dei controlli più serrati su tutte le merci di importazione.
Nonostante ciò, nel quartiere di Xianyou, nel sudest di Putian, in Cina, gli imprenditori del mercato del legno rosa continuano ad investire nell’industria dei mobili, senza preoccuparsi degli enormi danni che il traffico del tutto illegale del bois de rose sta infliggendo alla biodiversità e all’ecosistema del Madagascar. Ma gli ecologisti di tutto il mondo non si arrendono e si sono uniti agli attivisti delle due ONG, Environmental investigation e Global witness, le quali da diverso tempo ormai denunciano il continuo saccheggio delle foreste africane e grazie ad internet sono riusciti ad ottenere grossi risultati in termini di identificazione dei trafficanti. Adesso, però, toccherebbe alle autorità e alle Istituzioni internazionali attivarsi per proteggere un’isola che è stata dichiara dall’UNESCO (Organizzazione delle Nazioni Unite per l’Educazione, la Scienza e la Cultura) patrimonio dell’umanità.
Ester Sbona
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