Le anomalie italiane sono ormai famose in tutto il mondo e, a quanto pare, il nostro Paese non vuole rinunciare a far parlare di sé, per l’ennesima volta in maniera negativa. In questa occasione, a finire sotto inchiesta sono state le nostre banconote di colore viola, le più grandi e dotate di maggior valore: stiamo parlando dei biglietti da 500 euro, versati in grandissime quantità agli sportelli delle nostre, banche nonostante siano letteralmente spariti dalla circolazione.
Secondo l’inchiesta del quotidiano La Repubblica, condotta sulla base dei dati forniti dalla Banca d’Italia, tra il 2010 ed il 2014 gli italiani hanno versato nei propri conti correnti 44 miliardi di euro in cartamoneta da 500 euro: la stessa tipologia di banconota è stata, invece, emessa dalle banche in quantità irrisoria, per un totale di 6,3 miliardi di euro, con una differenza di ben 37,3 miliardi. Le ragioni vanno ricercate soprattutto nella limitazione dell’uso del contante, imposta dal governo a partire dal primo febbraio del 2012: mentre nel biennio 2010-2011 i versamenti in biglietti da 500 euro erano stati in totale di 7,4 miliardi, nel 2012-2013 la cifra è stata quasi tre volte più grande e ha sfiorato i 21 miliardi. Dal momento in cui è diventato obbligatorio “strisciare la carta” per pagamenti superiori ai 1000 euro, le banconote dal valore più alto sono state nascoste, depositate nei conti correnti e mai più ritirate.
In realtà, secondo quanto rivelato dalle agenzie anti-crimine, i biglietti viola sono i più utilizzati da chi traferisce grandi quantità di contanti in altre nazioni e gestisce traffici illeciti: in uno spazio relativamente piccolo, infatti, è in tal modo possibile trasportare enormi quantità di denaro senza dare troppo nell’occhio. Sembra, quindi, che i maggiori beneficiari di queste banconote siano le associazioni mafiose e le aziende che fanno dell’export il proprio punto di forza: nel quinquennio 2010-2014 i depositi di cartamoneta da 500 euro sono cresciuti del 3853% in Trentino-Alto Adige, dell’847% in Emilia-Romagna e del 393% in Lombardia. Viene da chiedersi, a questo punto, il motivo per cui le banche non abbiano segnalato le operazioni sospette, considerando che ne avrebbero l’obbligo nel caso di transazioni superiori a 15.000 euro. La risposta alla domanda è abbastanza semplice: gli istituti di credito non corrono alcun rischio in caso di mancata segnalazione, salvo alcune sanzioni irrisorie (massimo 50.000 euro e fino al 40% della transazione), che permettono loro di poter tranquillamente chiudere un occhio.
Dati alla mano, è evidente che si rendono necessarie delle norme più severe, a partire da un insasprimento delle pene nei confronti delle banche in caso di mancata denuncia, proseguendo nella direzione della lotta reale all’evasione fiscale e al riciclaggio di denaro. Ancora una volta apprendiamo un’anomalia, evidenziamo un problema e ne conosciamo alcune possibili soluzioni: saremo in grado stavolta di metterle in pratica?
Claudio Pennisi
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