MILANO – Tra un padiglione della Malesia in smantellamento e uno del Kazakistan oramai vuoto, si delinea il capitolo finale della grande manifestazione su scala mondiale che è stata Expo. Adesso al posto dei turisti vi sono orde di camion e operati che iniziano a smontare quanto eretto circa sette mesi fa. Ma non tutto sarà per sempre gettato nel dimenticatoio: a parte le foto scattate in questo periodo di vita dell’esposizione, Expo troverà una seconda primavera in diverse parti del mondo. Ad esempio l’Azerbaigian trasformerà la sua sfera in un centro di carattere culinario, gli Emirati Arabi, invece, incarneranno la suggestiva costruzione ideata da Norman Foster a Monstar, nel deserto. L’Ucraina sarà la destinazione del padiglione Don Bosco che farà parte di un progetto di cooperazione. La Svizzera, dal canto suo, erigerà nuovamente le sue torri nei propri cantoni, mentre i container di Monaco saranno trasformati in un centro di formazione medica locato in Burkina Faso. In Libano arriverà il padiglione di Save the Children. La zona riservata all’Indonesia diverrà un museo, quella del Cile – particolare perché detiene una struttura in legno – un centro culturale.
Non tutto è deciso però ancora: Francia e Slovenia, infatti, non hanno un futuro ben delineato; diverse opzioni su di loro sono al vaglio. Discorso diverso per il Barhain che riporterà in patria la propria struttura e la riedificherà come orto botanico. Secondo quanto riporta Il Corriere della Sera, a Palazzo Marino, il direttore Stefano Gatti, in commissione consiliare insieme all’ingegnere Alessandro Molaioni, ha detto «stiamo aspettando le risposte di un’altra decina di padiglioni che stanno decidendo dove ricollocare le loro strutture ed è la prima volta che un’esposizione internazionale lascia un’eredità così vasta e in così tante parti del mondo». Ogni Nazione ha presentato il crono-programma dei lavori: solo 35, però, hanno già eretto il cantiere sul proprio padiglione. Molti, invece, hanno provveduto da un po’ a svuotare gli interni. Si prevede che per fine marzo verrano consegnati i primi terreni liberati e a fine dicembre saranno del tutto svuotati i cluster che accolsero 84 Paesi intorno al racconto di un prodotto o dell’area geografica a esso corrispondente. Piante e arbusti di Expo sono stati collocati nei comuni di hinterland.
Non tutto verrà smontato, infatti, faranno eccezione quella serie di edifici e costruzioni che la società Expo, in accordo con Arexpo (la società proprietaria dei terreni in questione), ha deciso di tenere a disposizione, in vista di occasioni future. Due di questi sono il Palazzo Italia e l’Albero della Vita: ambedue verranno “congelati” «perché da aprile o da quando la politica vorrà potranno tornare attive», spiega Gatti. Per il «congelamento tecnico invernale» dell’Albero verranno spesi 360.000 euro, che, comunque, dovrebbero arrivare dagli sponsor. Cifra di spessore, ma in ogni caso più sostenibile rispetto ai 500.000 previsti per il suo smantellamento. Ancora una volta, non si sa quando, potremmo rivedere quelle luci e quei giochi di acqua che in fasti passati ospitarono una delle manifestazioni mondiali più importanti.
Francesco Raguni
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