NEW YORK – Con una breve dichiarazione poco prima dell’inizio del suo primo discorso alla presenza dei vertici delle Nazioni Unite nel quartier generale newyorkese, il presidente americano Donald Trump ha annunciato la firma sull’ordine esecutivo che impone nuove sanzioni alla Corea del Nord, alla presenza del premier giapponese Shinzo Abe e del presidente sudcoreano Moon Jae-in. «Questo ordine rafforza in modo significativo l’autorità per colpire individui, società, istituti che finanziano e facilitano il commercio con la Corea del Nord. Voglio essere chiaro, questo ordine prende di mira un solo paese, e questo paese è la Corea del Nord».
Con queste parole il presidente Trump ha dato il via al discorso di annuncio. «Lo sviluppo di armi e missili da parte della Corea del Nord è una grave minaccia alla pace e alla sicurezza in questo mondo ed è inaccettabile che altri sostengano finanziariamente questo regime canaglia criminale. Il nuovo ordine esecutivo taglierà le fonti di entrate che finanziano gli sforzi della Corea del Nord per sviluppare le armi più letali conosciute dall’umanità» ha concluso il tycoon americano.
Anche Moon Jae-in, presidente sudcoreano, si è espresso in merito durante il suo intervento nell’Assemblea Generale ONU, aprendo a un possibile dialogo con i vicini del nord: «Pyongyang scelga il dialogo. Seul non vuole il collasso della Corea del Nord. Se Pyongyang decide anche adesso di stare dalla parte giusta della storia siamo pronti ad assisterla. Il regime deve immediatamente scegliere la strada del dialogo. Chiediamo di abbandonare politiche ostili verso altri Paesi e porre fine alla politica nucleare in modo chiaro e irreversibile». Adesso passiamo al fulcro del discorso. Seguendo l’analisi di TPI, analizziamo, concretamente, in cosa consistono le sanzioni contro la Corea del Nord.
La volontà iniziale degli Stati Uniti era quella di imporre un totale embargo sulle importazioni di petrolio da parte della Corea del Nord. Tuttavia la Cina, principale partner petrolifero del regime, si è opposta a tale decisione. Da Pechino non hanno mai diffuso dati relativi alla quantità di petrolio esportato verso Pyongyang, ma si stima che la Cina fornisca annualmente all’incirca 4 milioni di barili di greggio. Ovviamente, non avere dati certi per analizzare la situazione rende tutto più complesso.
Le sanzioni impediranno al regime nordcoreano di importare 2 milioni di barili annui di prodotti petroliferi raffinati (es. benzina). Questo non bloccherà gli approvvigionamenti della Corea del Nord, in quanto le importazioni di greggio resteranno tali. Se tali sanzioni da una parte creeranno problemi al regime di Kim Jong-Un, dall’altra creeranno non pochi problemi anche per i paesi esportatori. Oltre alla già citata Cina, che nel 2016 ha esportato prodotti petroliferi verso la Corea del Nord per 114 milioni di dollari, va menzionato anche il Messico, che ha esportato prodotti per 1,7 milioni di dollari.
Quello del tessile è senza dubbio uno dei settori di maggior importanza per la Corea del Nord. Il valore di questo mercato viene valutato intorno ai 750 milioni di dollari. Con le sanzioni imposte dalle Nazioni Unite, vengono vietate sia le importazioni sia le esportazioni di prodotti tessili. Questo, rispetto agli altri, è il provvedimento che potrebbe influire e danneggiare di più il regime di Kim Jong-Un, andando a sottratte una grande quantità di valuta estera.
Come analizzato per il petrolio, questa sanzione si ripercuoterà anche sulla Cina, principale partner import/export di tessuti con la Corea del Nord. Pechino manda le materie prima ai nordcoreani, essi le trasformano in prodotti lavorati sfruttando la manodopera a costi stracciati. Infine la merce fa ritorno in Cina, per poi essere rivenduta in tutto il mondo, specialmente Asia centrale e Russia.
Oltre alle esportazioni, le sanzioni prevedono un altro attacco all’afflusso di valuta estera, anche se in questo caso si tratta di un effetto sul lungo periodo. Difatti, l’esecutivo impedisce a tutti i paesi di emettere nuovi permessi di lavoro per i nordcoreani che lavorano fuori dal paese. Come detto, il lavoro all’estero rappresenta un’importante fonte di valuta estera, e sul lungo periodo potrebbe diventare uno strumento di pressione non da meno. Al momento non sembrano esserci spiragli di luce per un possibile dialogo tra le parti coinvolte, e la guerra al regime nordcoreano va avanti, con lo stesso Kim Jong-Un che ha da poco annunciato il possibile test di una bomba H (a idrogeno) nel Pacifico.
Marco Razzini
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