WASHINGTON – Gli Stati Uniti stanno trattando su più tavoli nel tentativo di tenere ben saldo il “termometro” del mondo. In tal senso l’annuncio della Trans-Pacific Partnership sembra essere un punto a favore dell’amministrazione Obama, tant’è vero che il suddetto accordo di libero scambio sottoscritto con 11 Stati del Pacifico e del Sud-Est asiatico (Australia, Brunei, Canada, Cile, Giappone, Malesia, Messico, Nuova Zelanda, Perù, Singapore e Vietnam) rappresentava un elemento fondamentale dell’agenda di governo. La TPP mira ora ad uniformare le relazioni commerciali di una vastissima area geopolitica (in cui confluisce circa il 40% dell’economia mondiale), la quale, in particolar modo, serve a contrastare l’influenza cinese su questi mercati.
A tale proposito, il leader della Casa Bianca ha dichiarato che gli USA, allo stato attuale delle cose, non siano nelle condizioni di «lasciar scrivere le regole dell’economia globale a Paesi come la Cina», affermando che la misura può agevolare varie componenti del tessuto economico a stelle e strisce, in primis agricoltura, allevamento e settore industriale. L’asse USA-Giappone si rinsalda in concomitanza con le nuove disposizioni di Tokyo in materia di politica estera, che autorizzeranno le forze armate giapponesi a scendere in campo a fianco delle milizie statunitensi in alcune missioni.
Si registra, invece, una fumata nera sul tavolo del negoziato aperto con l’Unione Europea per la Transatlantic Trade and Investment Partnership (TTIP), a causa dell’atteggiamento avverso mostrato da alcuni Paesi del vecchio continente nella chiusura della trattativa commerciale.
Gabriele Mirabella
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