«We are Anonymous. We are legion. We do not forgive. We do not forget. Expect us!»: ecco il motto di Anonymous, un gruppo di attivisti che si identifica in singoli utenti, a volte anche in comunità online, i quali cooperano per perseguire un comune obiettivo. Il loro codice etico predica la difesa della libertà di informazione e di espressione. L’organizzazione è, infatti, totalmente a favore del popolo: non attacca mai i mezzi di informazione, poiché i suoi attacchi sono basati o sulle pubblicazioni di documenti top secret perseguiti tramite hackering o sul blocco delle stesse, nonché sulla cancellazione di determinati siti o profili dei “nemici”. Il suo simbolo è la maschera di Guy Fawkes (utilizzata dal protagonista di V per Vendetta), indossata nelle proteste che avvengono nelle pubbliche piazze.
L’ultimo bersaglio di Anonymus è lo Stato islamico dell’Iraq e della Siria, meglio conosciuto come ISIS. L’operazione è partita dopo la strage al giornale Charlie Hebdo e nel mirino non vi è solo il gruppo suddetto, ma anche quello di Al Qaeda e tutte le fazioni jihadiste. L’8 febbraio 2015, Anonymous ha bloccato tutti gli account Twitter e Facebook di ogni reclutatore dello Stato islamico, asserendo che la sua sarà una battaglia senza tregua. Il 9 questo è stato riconfermato, con l’aggiunta di un nuovo cardine all’operazione: cercare e scovare il massimo esponente del Califfato, Al-Baghdadi.
La sfida è certamente ardua: il Califfo è, infatti, l’uomo più ricercato al mondo, primo nella lista dell’FBI. Tra le varie fazioni di Anonymous spicca il gruppo GhostSec: è lui il più attivo nella battaglia. Queste le dichiarazioni di un componente dell’organizzazione: «Tutti i siti web elencati di seguito sono spesso utilizzati dallo Stato islamico attraverso Twitter e altre piattaforme di social media per la trasmissione di propaganda, la religione, il reclutamento, le comunicazioni e le finalità di raccolta di informazioni. Accanto alla URL si trova la società di hosting di contenuti per quel sito. La verifica può essere effettuata visitando http://check-host.net e inserendo la URL del sito web. È nostra sincera speranza che i media usino questo strumento per mostrare al mondo che lo Stato islamico è ovunque in qualche forma, e che le aziende non sono consapevoli dei propri clienti contenuti, o forse chiudono un occhio per un facile profitto e scelgono di accettare il prezzo del sangue. CloudFlare è di gran lunga il più grande colpevole in questa lista, e sono stati informati del contenuto specificato che stanno proteggendo, ma ha scelto di bloccare noi dal contatto con loro, piuttosto che affrontare il problema. Insieme possiamo fermare questa diffusione e tenere queste aziende responsabili per il loro meno di pratiche commerciali etiche».
Da quando lo Stato islamico è entrato nel mirino dell’associazione, più di 500.000 profili social sono stati chiusi; poi, la grande rivelazione: viene rilasciato un identikit di Al-Baghadadi curato nei minimi dettagli. Si scopre che era detenuto a Camp Budda e che è stata rilasciata una sua biografia, e poco dopo si definisce l’area in cui è nascosto, ovvero l’interno di Mosul. A oggi, però, Anonymous deve stare in guardia: l’ISIS, infatti, si sta mobilitando per aumentare le difese dei propri media arruolando hacker di una certa competenza (si parla persino di infiltrati da ambo i lati). Internet è la piazza del mondo, dove centinaia di informazioni sono condivise con chiunque, e nei suo meandri più remoti esistono file e documenti un tempo impensabili e irreperibili. Anonymous si dichiara la cura, l’ISIS la piaga.
Francesco Raguni
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