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La donna Masai che ha salvato 10mila bambine dalle mutilazioni genitali in Kenya
02 Febbraio 2017
Best politikEstera

La donna Masai che ha salvato 10mila bambine dalle mutilazioni genitali in Kenya

Home » Best politik » La donna Masai che ha salvato 10mila bambine dalle mutilazioni genitali in Kenya
2 minuti (tempo di lettura)

Nice Nailantei, la giovane donna venticinquenne nata all’interno di una comunità Masai del Kenya, oggi è considerata una delle maggiori attiviste per i diritti delle donne nel suo paese. Attraverso un’intensa attività di mobilitazione che l’ha resa famosa agli occhi dei maggiori capi di stato occidentali, ha potuto avere incontri con personaggi del calibro di Bill Clinton  e Barack Obama, nonché assumere un ruolo di primo piano nel panorama politico del suo paese in vista delle prossime elezioni in Kenya nel 2022. Ma qual è la sua storia?

La donna Masai che ha salvato 10mila bambine dalle mutilazioni genitali in KenyaCresciuta in un villaggio rurale ai piedi del Kilimanjaro e rimasta tragicamente orfana all’età di nove anni, venne adottata da una delle sue zie. In un’età nella quale la maggior parte delle sue coetanee venivano sottoposte alla pratica delle mutilazioni dei genitali femminili, ritenute all’interno della sua comunità un essenziale rituale di passaggio verso l’età adulta, Nice riesce a sottrarsi a questa pratica disumana solo fuggendo dalla sua casa ancora bambina, lasciando le sue sorelle ad un destino simile. Un rituale con conseguenze devastanti in età adulta per queste donne, che nella maggior parte dei casi si sottopongono a queste pratiche senza la possibilità di una scelta consapevole e di un’assistenza medica adeguata. Determinata a cambiare lo stato di cose vigente, la battaglia di Nice ha inizio nel 2008, quando riesce attraverso i capi del suo villaggio ad esservi reintrodotta nel ruolo di educatrice. Attraverso l’autorità che le deriva dal suo nuovo ruolo, riesce ad avvicinare le bambine istruendole sui rischi e le conseguenze causate dalla mutilazione genitale femminile e dai matrimoni precoci, trasmettendo loro un’adeguata conoscenza e formazione su questi temi. Affidandosi alle sue sole forze, dal 2009 ad oggi questa giovane donna ha già contribuito a salvare oltre diecimila bambine, divenendo una vera e propria paladina delle donne. Introducendo in seno alla cultura Masai una molteplicità di riti alternativi a quello della mutilazione, caratterizzati da un’intensa attività di sensibilizzazione, nel tempo è riuscita a coinvolgere anche l’opinione di anziani, madri e giovani guerrieri Moran. I nuovi rituali da lei proposti combinano la tradizionale cerimonia con l’educazione alla salute sessuale e la promozione dell’istruzione per le giovani donne e le loro famiglie. Le bambine non sono più obbligate a sottoporsi all’incisione e il passaggio all’età adulta viene benedetto sui libri.

La donna Masai che ha salvato 10mila bambine dalle mutilazioni genitali in KenyaMa la coraggiosa storia di Nice, purtroppo, costituisce una piccola eccezione, seppur positiva. Nel 2015, secondo un rapporto dell’Unicef, almeno 200 milioni di ragazze e bambine in Africa hanno subito mutilazioni genitali femminili e delle vittime 44 milioni non superano i 14 anni. Solo in Kenya, dove oggi Nice opera in veste di ambasciatrice Amref, sono 100mila le bambine che subiscono mutilazioni genitali ogni anno. La mutilazione genitale femminile costituisce quell’insieme di pratiche che interessano la parziale o totale rimozione degli organi femminili esterni, l’85% dei casi eseguiti nel continente sono costituiti dalla clitoridectomia (asportazione dell’organo clitorideo)  e dall’ascissione (pratica che prevede l’asportazione totale delle piccole labbra). Le donne che hanno subito queste “incisioni” non solo non possono avere relazioni sessuali normali, avendo dolori cronici durante i rapporti, ma spesso possono incorrere nella sterilità a seguito di complicazioni dovute a infezioni o possibili emorragie o incorrere in gravi conseguenze psichiche. A livello normativo la legge non consentirebbe l’uso di queste pratiche, ma l’applicazione di queste normative diventa difficile all’interno di queste comunità nomadi dove esse costituiscono una parte integrante dell’identità comunitaria stessa. Nel 2012 l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite ha introdotto risoluzioni per mettere al bando le mutilazioni genitali femminili: negli ultimi anni infatti è stato possibile ottenere qualche progresso e attualmente 24 paesi sui 29, fra i quali si concentrava maggiormente questa pratica, ha adottato una normativa contro quest’ultima.

Diana Avendaño Grassini

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