Napoli insorge contro il lockdown e le nuove misure restrittive imposte dal governatore della Regione Campania Vincenzo De Luca, che nella giornata di ieri ha fatto scattare il coprifuoco dalle 23 alle 5 e al contempo ha annunciato le imminenti chiusure per contrastare l’epidemia di coronavirus. La scorsa notte, infatti, una rappresaglia urbana ha scatenato il panico in città, con una parte dei manifestanti che ha messo a ferro e fuoco la città e preso di mira Palazzo Santa Lucia, sede della Regione.
Armati di fumogeni, sassi, bottiglie di vetro, i manifestanti (circa 2000) li hanno scagliati verso il suddetto palazzo e le forze dell’ordine, in tenuta anti-sommossa, hanno potuto fare ben poco per limitare i danni, essendo anche in numero inferiore. I carabinieri, infatti, sono stati inghiottiti dal caos generale e colpiti da petardi e il lancio di lacrimogeni verso la folla inferocita non è bastato a cessare la violenta insurrezione. Oltre a ciò, sono stati anche incendiati dei cassonetti dei rifiuti e alcuni manifestanti hanno invitato i poliziotti a unirsi alla protesta. Scene di una violenza inaudita e che devono necessariamente far riflettere.
Numerosi gli striscioni contro De Luca e le misure restrittive, alcuni dei quali recanti la scritta: “Tu ci chiudi, tu ci paghi.”, e forte il grido di “libertà, libertà” dei manifestanti. Tra questi ultimi vi erano anche alcuni commercianti in difficoltà che hanno protestato in maniera pacifica, prima che la situazione degenerasse e che si superasse il limite. Da segnalare anche un’aggressione ai danni degli inviati di Sky TG24, cui è stato impedito di svolgere il proprio lavoro e raccontare ciò che stava accadendo in un venerdì sera decisamente diverso dal solito.
“Abbiamo assistito a veri e propri comportamenti criminali verso le forze dell’ordine. Nessuna condizione di disagio, per quanto umanamente comprensibile, può in alcun modo giustificare la violenza.”, le parole del questore di Napoli Alessandro Giuliano in merito a quanto avvenuto la scorsa notte. Per l’ennesima volta, ai media nazionali e internazionali viene data in pasto l’immagine peggiore di una città già in enorme difficoltà a causa di tanti altri problemi.
Dal punto di vista artistico, storico, culturale, letterario e culinario, Napoli ha ben poco da invidiare alle altre città d’Italia e del resto del mondo. Episodi del genere, però, contribuiscono a mettere in evidenza il peggio di una città che ha tante storie da raccontare, storie di cittadini onesti e che si danno da fare per assicurare un futuro migliore alle proprie famiglie e alla stessa città. Tra questi, i tanti commercianti messi in ginocchio dalla pandemia di coronavirus, alcuni dei quali avevano già protestato in maniera pacifica poche ore prima che scoppiasse il caos.
Dietro la rivolta – come hanno annunciato il presidente della Commissione Antimafia Nicola Morra, il presidente dell’Ordine dei Giornalisti della Campania Ottavio Lucarelli e il viceministro dell’Interno Matteo Mauri – c’è la mano di organizzazioni criminali, esponenti di gruppi di estrema destra e centri sociali, ultras, parcheggiatori abusivi e spacciatori, i quali notoriamente sfruttano situazioni di disordine sociale a proprio vantaggio, al fine di ottenerne in cambio consenso e libertà d’azione. Protestare è un diritto e la Costituzione italiana lo garantisce con l’articolo 40, che stabilisce che esso si esercita “nell’ambito delle leggi che lo regolano.”
Quanto avvenuto a Napoli la scorsa notte, però, non ha nulla a che vedere con l’esercizio del diritto di sciopero, né tantomeno del rispetto delle leggi che regolamentano il diritto di protestare. È il risultato di tanti fattori che insieme hanno contributo a dare luogo a una situazione di quasi totale anarchia: in primis, l’assenza evidente dello Stato e di chi dovrebbe assicurare la giustizia e il rispetto delle regole in gran parte della città, che spiana la strada alle organizzazioni malavitose e sgretola pezzo dopo pezzo l’ordine di un tessuto sociale fatto di lavoratori onesti e che si ritrovano a lottare contro le difficoltà economiche e il proliferare della violenza.
Nel frattempo Vincenzo De Luca, eletto a furor di popolo appena un mese fa per un secondo mandato da governatore della Regione Campania, ha condannato fortemente gli episodi, confermando la linea del rigore intrapresa ormai da tempo e annunciando l’intenzione di attuare un piano di sostegno socio-economico per le famiglie e i commercianti di ogni genere, misure che vanno di pari passo con i provvedimenti presi per ridurre i contagi e evitare il collasso sanitario, con i posti letto nelle terapie intensive degli ospedali campani che ormai scarseggiano sempre di più.
Il coprifuoco è stato imposto anche in altre città, in cui però non si sono verificate scene di guerriglia urbana: tra queste, Roma, Milano e anche Avellino, i cui abitanti hanno rispettato per filo e per segno le norme restrittive, lasciando la città praticamente deserta dopo le 23, proprio nel momento in cui a Napoli accadeva il peggio. Non può non tornare in mente, inoltre, anche quanto avvenuto nelle scorse settimane a Tel Aviv, con migliaia di israeliani ritrovatisi a Gerusalemme per protestare contro il lockdown e l’operato del primo ministro Benjamin Netanyahu, di cui chiedono a gran voce le dimissioni, rispettando il distanziamento sociale e indossando le mascherine per evitare di diffondere il coronavirus.
Dennis Izzo
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