Manila, Filippine – La sanguinaria guerra alla criminalità annunciata nel 2016 dal neo-presidente filippino Rodrigo Duterte sarà finalmente oggetto di scrutinio da parte della Corte Penale Internazionale. In un recente comunicato, Fatou Bensouda – Procuratore Capo dell’ICC – ha annunciato che condurrà personalmente un’inchiesta preliminare circa le presunte violazioni dei diritti umani commesse nelle Filippine e in Venezuela.
Harry Roque, portavoce di Duterte, ha informato la stampa nazionale dell’avvio dell’inchiesta e che il presidente sia intenzionato a collaborare con gli inquirenti in modo da mettere a tacere le accuse nei suoi confronti. Come si evince dal comunicato dell’ICC saranno oggetto di scrutinio, soprattutto, le presunte esecuzioni sommarie nei confronti di piccoli spacciatori e di oppositori politici che, fin dall’inizio del mandato presidenziale di Duterte, hanno fatto più di dodicimila vittime e che Amnesty International chiaramente condannato come crimini contro l’umanità.
Esempio tristemente noto alla stampa internazionale è divenuto quello del giovane Kian Delos Santos: diciassettenne torturato e assassinato in un vicolo dalla polizia filippina, durante una retata in un quartiere di Caloocan. Secondo il rapporto della polizia, Delos Santos – scoperto in possesso di due sacchetti contenenti metanfetamina – avrebbe aperto il fuoco contro gli ufficiali prima di tentare una disperata fuga, durante la quale sarebbe stato ucciso da uno dei quattro agenti presenti. Testimoni oculari e un filmato di una telecamera di sicurezza, tuttavia, hanno sconfessato questa ricostruzione. In realtà, da quanto si evince chiaramente dal video e dalle testimonianze, furono gli agenti – in borghese – ad avvicinare il ragazzo, trascinandolo in un vicolo dopo averlo bendato, avergli messo in mano un’arma e i sacchetti contenenti gli stupefacenti ed infine sparargli in testa mentre Delos Santos tentava di fuggire.
Nonostante l’indignazione e le piccole proteste che il caso ha generato, Duterte continua a godere di un elevato tasso di popolarità. C’è da chiedersi, ovviamente, se tale popolarità sia – più che altro – frutto della paura e del terrore che vivere sotto un tale regime semi-dittatoriale comporti; il che è dimostrato dalle poche ma sempre più frequenti denunce di ex collaboratori di Duterte, come Edgar Matobato, ex-killer coinvolto nelle Davao Death Squad che ha accusato pubblicamente – in un’udienza davanti al Senato – il presidente filippino di aver ordinato l’esecuzione di oppositori politici e di criminali.
Rodrigo Duterte incontra Vladimir Putin (source: en.kremlin.ru/2016-11)
Agli occhi della comunità internazionale sembra profilarsi un quadro abbastanza ben definito della situazione politica e sociale nelle Filippine. Già nel 2016, l’allora presidente degli Stati Uniti, Barack Obama aveva condannato gli atti di violenza commessi da Duterte; simili giudizi sono stati condivisi recentemente anche dal presidente canadese Justin Trudeau che, secondo quanto riportato da BBC News, ha così commentato la decisione di Duterte di ritirarsi da un accordo di $234 milioni circa la vendita di elicotteri ed equipaggiamento militare tra i due paesi «quanto detto del governo filippino sul possibile uso di quegli elicotteri ci ha fatto ripensare». Il Canada avrebbe, infatti, ordinato una revisione dell’accordo concluso tra i due paesi dopo che sono sorte delle preoccupazioni che il governo filippino avrebbe potuto utilizzare tale equipaggiamento contro la polazione civile stessa. Duterte ha causticamente risposto di aver intenzione di cancellare l’accordo perché «con Stati Uniti e Canada ci sono sempre condizioni». Nonostante tale faccia a faccia, la rescissione dell’accordo non è stata confermata da nessuna delle due parti.
Così come nonostante la rescissione di un altro accordo relativo alla vendita di armi tra le Filippine e gli Stati Uniti, i due paesi continuano ad intrattenere una relazione amichevole. Donald Trump ha, infatti, definito Duterte come un «amico e un brav’uomo» durante il summit dell’ASEAN nel novembre scorso.
Donal Trump e Rodrigo Duterte (ph: Karl Norman Alonzo and Robinson Niñal Jr.)
Spetterà ora alla Corte Penale Internazionale un giudizio preliminare su una situazione che, francamente, sembra descriversi da sola. Certo, l’inchiesta preliminare condotta da Bensouda rappresenta solo il primo step che potrebbe portare ad un’inchiesta formale nei confronti di Duterte e le atrocità commesse da quando è salito al potere ma sembra esserci un deciso scetticismo circa le reali possibilità di poter giungere non solo ad una condanna nei confronti del presidente filippino ma anche all’ammissibilità stessa dell’istruzione di un processo. Lo statuto di Roma, istitutivo della Corte Penale Internazionale, al quale le Filippine hanno aderito nel 2011, prevede che siano gli stessi tribunali interni ad avere la giurisdizione e la responsabilità principale circa le indagini e la persecuzione dei crimini internazionali mentre spetterebbe alla competenza della Corte le persecuzione delle violazioni macroscopiche dei diritti umani, come nel caso di genocidio e dei crimini contro l’umanità. A meno che, quindi, non sia dimostrata l’esistenza di elementi che qualifichino l’operato di Duterte come un crimine contro l’umanità – così come sostenuto da Amnesty International e da altri gruppi di attivisti per i diritti umani – le atrocità commesse durante la sua presidenza saranno di competenza dei tribunali filippini, giustificate come un semplice esercizio di sovranità interna e, ultimamente, passate sotto silenzio in quello che è – a tutti gli effetti – nient’altro che un regime dittatoriale nato dalle sofferenze e dalla disperazione di un popolo messo in ginocchio dalla criminalità e dalla corruzione della sua intera classe politica.
Francesco Maccarrone
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Articoli di proprietà di Voci di Città, rilasciati sotto licenza Creative Commons.
Sei libero di ridistribuirli e riprodurli, citando la fonte.
Ti piacerebbe entrare nella redazione di Voci di Città? Hai sempre coltivato il desiderio di scrivere articoli e cimentarti nel mondo dell’informazione? Allora stai leggendo il giornale giusto. Invia un articolo di prova, a tema libero, all’indirizzo e-mail entrainvdc@vocidicitta.it. L’elaborato verrà letto, corretto ed eventualmente pubblicato. In seguito, ti spiegheremo come iscriverti alla nostra associazione culturale per diventare un membro della redazione.