Da Azmoun alla Danimarca, ci sono proteste in corso che riguardano in modo minore e maggiore il calcio. Partiamo dalla Danimarca. La protesta che riguarda la nazionale danese arriva dallo sponsor Hummel, difatti la nota azienda di abbigliamento afferma di voler oscurare il proprio logo sulle divise della nazionale della Danimarca.
Il motivo di questa protesta riguarda la scarsa attenzione verso i diritti umani della nazione qatariota. Infatti, è ben noto che, durante la fase della preparazione della competizione, parecchi operai abbiano perso la vita. Per la precisione più di 6500, tutti migranti e provenienti da vari paesi dell’Asia meridionale.
In un comunicato, l’azienda danese spiega le sue motivazioni:
«Con le nuove maglie della Nazionale danese vogliamo lanciare un doppio messaggio – scrive Hummel sui propri profili social – Non sono solo ispirate a Euro 92, rendendo omaggio al più grande successo calcistico della Danimarca, ma anche una protesta contro il Qatar e il suo rapporto sui diritti umani.
Ecco perché abbiamo attenuato i dettagli delle nuove maglie della Danimarca per i Mondiali, incluso il nostro logo e gli iconici simboli. Non vogliamo essere visibili durante un torneo che è costato la vita a migliaia di persone. Sosteniamo fino in fondo la Nazionale danese, ma ciò non significa sostenere il Qatar come nazione ospitante.
Crediamo che lo sport debba unire le persone. E quando non lo fa, vogliamo dire la nostra».
Infatti non solo lo sponsor ha deciso di rendersi invisibile, ma anche di presentare una terza divisa nera in segno di lutto. Oltre già alla particolare divisa che omaggerà i trent’anni della vittoria dell’Europeo della Danimarca. Il traguardo più importante della nazionale danese.
Dalla parte iraniana la divisa nera non c’è stata, ma i giocatori hanno coperto la maglia della nazionale con dei giubbotti neri prima del match Iran-Senegal. Partita giocata e terminata 1-1, con gol del giocatore più rappresentativo della nazionale: Sardar Azmoun.
Azmoun, infatti, si è reso protagonista di un gesto che per noi che viviamo in una democrazia risulta normale, mentre in Iran ed altri paesi teocratici non lo è. Ovvero difendere in modo plateale i diritti delle donne iraniane. Proteste che riguardano la morte della ventiduenne iraniana Mahsa Amini.
La parole del calciatore postate sui social:
«Noi calciatori non possiamo esprimerci prima della fine di questo ritiro per via del regolamento interno della Nazionale, ma personalmente non sono più in grado di tollerare il silenzio. La punizione può essere che mi escludano dalla squadra, ma è un piccolo prezzo da pagare, un sacrificio che farei anche per una sola ciocca di capelli di una donna iraniana. Vergognatevi per la facilità con cui uccidete le persone. Lunga vita alle donne iraniane».
L’attaccante iraniano, in vista dei Mondiali a cui l’Iran farà parte, rischia di essere estromesso dalla nazionale. I suoi post, tra cui anche quello rivolto alle donne, poco dopo sono stati oscurati. Insieme a lui, però, anche altri calciatori come Saman Qudous e Vahid Amiri condividono il pensiero di Azmoun e rischiano proprio come lui.
Altri giocatori della nazionale, invece, chiedono di cacciare i tre calciatori per poter partecipare alla competizione.
UN MONDIALE CON TANTE OMBRE E POCHE LUCI
Amnesty International e Human Rights Watch definiscono questo mondiale come il mondiale della vergogna. Difatti hanno fondato un fondo solidarietà per poter ripagare le famiglie dei migranti morti o di quelli rimasti infortunati.
Il loro obiettivo di fermare il mondiale è impossibile, ma tentano di mettere in luce le responsabilità dei vari sponsor e della FIFA. E le varie vittime che si portano sulla coscienza avendo affidato in questi anni i mondiali a nazioni autocratiche.
I sondaggi effettuati mostrano come gran parte degli intervistati siano favorevoli a contribuire economicamente alle famiglie vittime di perdite di persone care o di infortuni. Analizzando anche la tenuta igienico-sanitaria non proprio adatta ad ambiti lavorativi.
Il Qatar è una nazione che adotta il sistema della kafala nei confronti dei lavoratori. I datori di lavoro prendono possesso dei documenti degli operai ed esercitano un potere autoritario nei loro confronti. Un problema che non riguarda solo chi lavora negli stadi, ma anche chi vi lavora al di fuori, chi si occupa di costruire altro.
Circa un mese fa, ad agosto, sessanta lavoratori sono stati arrestati per le proteste per i pagamenti non effettuati. Si sono presentati sotto gli uffici della capitale Doha per manifestare il loro dissenso. Gli arrestati sono stati portati in celle di detenzione senza aria condizionata. E si può benissimo immaginare il caldo qatariota nel mese di agosto.
Risale infatti al 2010 la promessa delle istituzioni qatariote di rimodellare il nuovo sistema di lavoro e di introdurre un salario minimo mensile ai lavoratori. Promesse, evidentemente, non mantenute.
Parecchie nazionali di calcio come Germania, Olanda ed altre già alcuni anni fa si sono dissociate dalle politiche interne della nazione ospitante. Qatar 2022 si candida anche tra i mondiali più chiacchierati ed oscuri della storia del calcio, non solo come per il primo mondiale invernale.
Fonti: valori.it; goal.it; presskit.it
Simmaco Munno
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Nato a Santa Maria Capua Vetere, provincia di Caserta, quando il grunge esplodeva a livello globale, cioè nel ’91, e cresciuto a pane e pallone, col passare del tempo ha iniziato a sviluppare interessi come la letteratura, la linguistica, la musica, sa mettere le mani almeno su tre strumenti e i videogiochi. Cerca di non porsi limiti e di migliorare sempre.