A poche settimane dall’accordo sulla questione ucraina, il conflitto nel Paese prosegue per il mancato rispetto del cessate il fuoco. Continuano gli scontri sul nodo ferroviario di Debaltsevo in mano ai ribelli, mentre le accuse reciproche alimentano le tensioni tra i Paesi contendenti.
UCRAINA – Prosegue il lavoro diplomatico per riportare la pace nel Paese; il piano per il cessate il fuoco si è rivelato fragile già subito dopo l’annuncio del Presidente russo Vladimir Putin sul raggiungimento di un accordo con il Presidente ucraino Poroshenko, la Cancelliera tedesca Angela Merkel e il Presidente francese Francois Hollande. Firmato anche dai rappresentanti dei ribelli filorussi delle Regioni di Donetsk e Luhans, l’accordo stabilisce il ritiro di tutte le truppe straniere dal territorio ucraino e la liberazione di tutti i prigionieri, insieme alla promessa di una nuova Costituzione in grado di garantire maggiori autonomie alle regioni controllate dai separatisti entro la fine del 2015, nonché la fine dei combattimenti e il ritiro di armi pesanti entro due settimane dall’inizio della tregua, che era prevista per la notte del 17 febbraio.
Nonostante il documento sia stato firmato anche dai separatisti, la promessa di una tregua si è rivelata una prospettiva fallace. I ribelli di Donetsk, infatti, hanno sin da subito sostenuto che non ci sarebbe stato alcuno stop e che non avrebbero smesso di combattere, in onore di molti dei loro combattenti morti negli scontri. Il nodo ferroviario di Debaltsevo, situato sul lato orientale di Donetsk Oblast, nelle ultime settimane è stato il centro degli scontri tra l’esercito ucraino e i separatisti filo-russi. Il responsabile dell’autoproclamata Repubblica di Donetsk, Zakharchenko, sostiene infatti che gli accordi di Minsk non si pronunciano a proposito del nodo conteso tra gli indipendentisti e Kiev, per cui «Le milizie del Donbass smetteranno di combattere dappertutto, eccetto che a Debaltseve», costringendo, così, alla ritirata l’esercito ucraino.
Il Presidente Poroschenko ha, invece, chiesto il dispiegamento dei caschi blu dell’ONU per un maggiore controllo sul confine orientale con la Russia. Tuttavia l’appello, pur essendo stato approvato dal consiglio di sicurezza, è stato bocciato da Pushilin, negoziatore dei ribelli, secondo cui questa iniziativa violerebbe gli stessi accordi di Minsk. Inoltre, secondo Ciurkin, ambasciatore russo dell’ONU, la richiesta di Poroshenko per l’intervento dei caschi blu sarebbe la dimostrazione di una «carenza di determinazione» nell’attuazione degli accordi di Minsk. Ciurkin ha inoltre affermato che «tali accordi prevedono solo il ruolo dell’Osce, non c’è nulla sull’ONU o sulla UE».
Accuse reciproche, dunque, alimentano sempre di più la tensione fra i Paesi. Anche gli Stati Uniti, convinti che Mosca rifornisca armi ai ribelli filorussi, rispondono con l’ipotesi di fornire armi all’Ucraina, nonostante il parere contrario dell’Europa e in primo luogo della Cancelliera tedesca, che sostiene: «L’Europa vuole lavorare alla sicurezza con la Russia, non contro. Se è vero che la soluzione non può essere militare, fornire armi non è la soluzione». Intanto l’intera regione è in uno stato di continuo conflitto e a rimetterci sono, sì, i combattenti degli opposti schieramenti, ma anche e soprattutto i civili che, esausti, sperano in una tregua foriera ad un accordo di pace definitivo.
Nancy Censabella
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