Da anni, molti Comuni dello Stivale combattono per abolire definitivamente l’utilizzo dell’amianto, fibra letale che va ad intaccare polmoni, addome e cuore, provocando quasi sempre tumori incontrastabili. La stima è di otto italiani al giorno, caso ancora peggiore di quello dell’Eternit di Casal Monferrato. L’esposizione involontaria può riguardare tutti, nessuno escluso!
L’utilizzo dell’amianto è illegale dal 1992: da allora, nonostante il divieto assoluto, la fibra letale fa oltre 3000 vittime l’anno. Per lo più si tratta di persone assolutamente inconsapevoli del fatto che nella loro zona vi siano vecchie aziende, ormai in disuso, produttrici della sostanza, i cui rifiuti nell’ambiente ne hanno provocato automaticamente la disfatta, facendo ammalare tutti coloro che vi sono entrati a contatto di mesotelioma, cancro provocato proprio dall’inalazione di amianto. L’Italia ne è ancora colma perché, fino alla fine degli anni Ottanta, era la maggiore produttrice della fibra killer, oltre che dell’amianto crisotilo, forma ancora più aggressiva e dannosa. Tuttora il Bel Paese conta la produzione di almeno 3,7 milioni di amianto prodotto e un export di 1,8 milioni: resta, quindi, una vasta porzione di territorio da bonificare, specie se si considera che anche solo una fibra per litro di atmosfera crea un danno gravissimo per la salute umana.
Il ministero dell’Ambiente ha recensito oltre 38mila siti contaminati, fra cui 12 di interesse nazionale: Broni, Casal Monferrato, Balangero, l’area litorale vesuviana, l’area industriale della Val Basento, Biancavilla di Sicilia, Massa Carrara, Pitelli, Tito, la Fibronit di Bari, l’Eternit di Priolo in Sicilia e quella di Bagnoli a Napoli. Mancano ancora i dati relativi a molte zone della Sicilia, della Calabria e del Piemonte. per un totale da far accapponare la pelle: oltre 300 mila le aree contaminate, più mezzo milione di edifici e spazi inquinati, ecco il dato reale, nonché piuttosto preoccupante e completamente lasciato nell’ombra. Il triste primato di mortalità spetta alle Regioni Liguria, Piemonte e Lombardia, anche se i dati inquietanti raggiungono perfino il sud Italia. Il luogo più malsano fra tutti è Broni, paesino di 9500 persone in cui si celebra un funerale ogni settimana grazie alla vecchia fabbrica Fibronit, che nei primi quarant’anni del Novecento ha rappresentato il fulcro economico della comunità.
Ciò che allarma ancora di più è il fatto che il tumore cagionato dall’amianto non si presenta immediatamente, ma in molti casi addirittura dopo 40 anni, poiché richiede un lungo periodo di incubazione, fase dopo la quale la malattia si presenta violentissima, senza lasciare scampo alcuno. Coloro che si ammalano, tanto a Broni quanto in altre parti d’Italia fra quelle succitate, non sempre erano dipendenti di fabbriche produttrici della fibra, giacché essa riesce a evadere facilmente dalle mura degli stabilimenti. Ogni ammalato di cancro a causa dell’amianto deve denunciarlo all’INAIL (Istituto Nazionale per l‘Assicurazione contro gli Infortuni sul Lavoro). Peccato che, per dimostrarne la causa, servano documentazioni in cui si attesti di esser stati impiegati in ambienti lavorativi con un’ingente presenza della fibra. Così, il periodo utile per lo svolgimento delle indagini si conclude spesso con la scomparsa di chi ha sporto denuncia tempo prima.
Nonostante quanto detto, la rimozione definitiva della sostanza dall’Italia sarà molto minuziosa e difficoltosa, con l’erogazione di: 5 milioni e 250 mila euro per Bagnoli; 19,2 milioni per Broni; 14 milioni e 600 mila euro per Balangero; 13,6 milioni per Emarese; 12 milioni per Biancavilla in Sicilia e 568 mila euro per la Fibronit di Bari. Nonostante i finanziamenti pronti a essere distribuiti, manca un piano ben congegnato per la bonifica totale delle zone, comprendenti i dati attuali di quanti siano i morti per mesotelioma. Sono stati stanziati oltre 25 milioni di euro per il risanamento del primo lotto dei lavori a Broni, ma tra Regione e Stato il paese ha ricevuto solamente il 20% dell’ammontare. Nel 2015, anno in cui si spera in una svolta epocale e definitiva, sono stati predisposti 11 milioni di euro, più 1,5 da parte della Regione Lombardia, per la bonifica del secondo lotto dei lavori; e, infine, 19,2 milioni da parte del ministero dell’Ambiente per il terzo e ultimo lotto di lavori. Quanto all’effettivo utilizzo del denaro e agli effetti ottenuti, però, la situazione è ancora incerta. Risulta, pertanto evidente, che il Governo ha bisogno dei “propri tempi” anche per risolvere questioni di una certa rilevanza: a farne le spese, nel frattempo, sono i cittadini, stavolta inconsapevoli dell’aria che respirano.
Anastasia Gambera
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