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Cosche e coca: è il Canada la nuova zona franca della ‘ndrangheta
28 Gennaio 2017
Attualità

Cosche e coca: è il Canada la nuova zona franca della ‘ndrangheta

Home » Attualità » Cosche e coca: è il Canada la nuova zona franca della ‘ndrangheta
6 minuti (tempo di lettura)

Chi non ricorda le ripetute scene della famosa serie animata The Simpsons che raffigurano il Canada terra di pace e serenità? Eppure, secondo quanto riporta L’Espresso, pure il Paese della grande foglia d’acero avrebbe un suo lato oscuro, tipizzato dalla presenza (costante e folta) della ‘ndrangheta. E così a rifugi di legno, sconfinate praterie squarciate da laghi limpidi, si sostituiscono riciclaggio di denaro sporco, omicidi e traffico di droga.

'ndrangheta Canada

Woodbridge (Canada)

La morte di Ciccio Formaggio

Se nel Padrino Sollozzo (membro di spicco della famiglia Tattaglia ne Il Padrino) era soprannominato Il Turco, Carmine Verduci era conosciuto con lo pseudonimo di Ciccio Formaggio a causa dei suoi peccati di ingordigia causati dal suo amore per i latticini. Carmine, come tanti altri prodotti sfornati da mezzo secolo di mafia calabrese insediata in terra canadese, viveva a Woodbridge, la Little Italy locale. Viveva? Sì, perché Don Carmine è stato freddato ben tre anni fa, in pieno giorno, a meno di 1o km dal suo luogo di residenza. La sua famiglia affonda le sue radici in quel di Mamertina, paese calabrese rinomato (anche in Italia) per gli inchini che fanno fare alla statua della Vergine Maria, durante la processione, sotto la casa del boss di turno. Ma perché Don Carmine ha scelto proprio questa nazione per evitare la galera? In Ontario il Criminal Code non prevede il reato di associazione mafiosa e quindi, quando la procura antimafia di Reggio Calabria ha emesso un mandato di cattura nei confronti del suddetto con conseguente richiesta di estradizione, il Canada non ha concesso l’estradizione del boss in quanto innocente per la legge locale. E così Ciccio Formaggio, invece di morire in galera da padrino di fama internazionale, è morto come un (uomo) mafioso qualunque. Il suo funerale si è tenuto nei pressi della chiesa di Santa Chiara d’Assisi, sempre a Woodbridge, nella quale a dare l’ultimo saluto al boss trapassato accorrevano diversi membri di spicco della mafia calabrese, che da anni la Squadra mobile di Reggio Calabria, il Raggruppamento Operativo speciale (ROS) dei Carabinieri e il Servizio centrale operativo della polizia inseguono, fermandosi sempre ai confini del Canada. 

Don Rocco e Don Carmine

'ndrangheta Canada

Funerale di Don Rocco

La ciliegina sulla torta dei grande funerali dei mafiosi in Canada è la sfilata finale del futuro boss, cioè colui che dovrà guidare la famiglia. L’ultimo grande funerale dopo quello di The Animal (altro soprannome dato a Don Carmine) è stato quello di Rocco Sollecito, detto Sauce (trad. salsa di pomodoro), ucciso mentre guidava il suo suv BMW. Il rito funebre si è celebrato a Montreal, in un territorio comunque non ameno alla mafia calabrese, anche perchè Sauce era “soltanto” il successore di Vito Rizzuto (mafioso siculo-canadese, detto il Teflon Don canadese). A dargli l’ultimo saluto vi erano, oltre limousine nere con i vetri scuri e innumerevoli corone di fiori bianchi, duecento persone, tra cui spiccavano pesci grossi del clan Rizzuto, la più potente famiglia affiliata a Cosa Nostra in terra canadese. Eppure Don Rocco e Don Carmine, per quanto occupassero territori diversi, erano molto vicini. Secondo quanto afferma L’Espresso, le morti dei rispettivi padrini (oltre che ad altri omicidi sempre correlati alle due mafie in questione) non sarebbero semplici delitti destinati a consumarsi con la morte del bersaglio, bensì chiare manifestazioni di una guerra tra la mafia calabrese e quella siciliana: mentre, infatti, la ‘ndrangheta sta crescendo sempre di più su scala globale usando la cocaina sia come fonte primaria per produrre ricchezza sia per stringere alleanze con i cartelli della droga messicani e colombiana, il clan Rizzutto sarebbe in una crisi profonda, ben lontana dai vecchi fasti della potente mafia siciliana nei passati decenni temuta da tutto il mondo.

Scrive il Servizio Centrale Investigativo sul Crimine Organizzato (SCICO) della finanza in un proprio rapporto: «L’analisi degli eventi criminali accaduti negli ultimi anni porta a ritenere che effettivamente il clan Rizzuto si sia pesantemente ridimensionato perdendo quella posizione di egemonia che aveva ai tempi sulla città di Montréal, capitale dello Stato del Québec che è territorio fiorente e ricco di imprese che potrebbe essere entrato nelle “mire” criminali dei citati ed agguerriti clan della ’ndrangheta, già attestati in posizione egemonica nella provincia canadese dell’Ontario». Da alcune intercettazione telefoniche, fatte nel corso dell’indagine Acero-Crupi (condotta congiuntamente dalla procura di Reggio Calabria guidata da Federico Cafiero De Rah, i Carabinieri e la Squadra Mobile), è emerso come Verduci stesse arrecando pesante fastidio a I Briganti, altri due capi della ‘ndrangheta calabrese che vivono, nonostante siano anch’essi ricercati, serenamente a Woodbridge. La goccia che avrebbe fatto traboccare il vaso, comunque, sarebbe stata la scoperta di un legame tra lo stesso Verduci e Sollecito, boss in un clan rivale. Tali ipotesi, tuttavia, non sono ancora state confermate.

La mano della Siderno Group of Crime

'ndrangheta

Scorcio paese della Locride (Calabria)

«Non è da escludere che l’organizzazione criminale calabrese possa fare quel salto di qualità che la porterà a estendersi in altre province canadesi, forte della forza militare e dell’enorme disponibilità di denaro di cui dispone il Siderno Group of Crime», affermano (secondo quanto riporta L’Espresso) gli investigatori italiani impegnati nella lotta contro le cosche dell’Ontario. Siderno Group of Crime, tra l’altro, non è l’ultimo arrivato: quasi al pari dei Cartelli colombiani e messicani, prende il nome da un paese della Locride, Siderno. L’ex sindaco del poc’anzi citato paese è stato, tra l’altro, arrestato con l’accusa di essere un boss della ’ndrangheta. Carabinieri, guardia di finanza e polizia, sostengono che «il livello di infiltrazione è tale che risultano operativi almeno 9 Locali (cosche ndr) di ’ndrangheta nell’area di Toronto con un indice di vitalità da richiedere la costituzione di un “Crimine”, ovvero il più alto livello gerarchico dell’organizzazione al fine di dirigere e pianificare le ramificate attività criminali dei Locali, nonché dirimere eventuali controversie interne».

Il ROS, però, è ancora più lungimirante e aggiunge informazioni preziose a quanto finora analizzato. Riporta in merito l’Espresso : «I rappresentanti dei clan canadesi sono dediti a importanti operazioni di riciclaggio e reinvestimento di denaro di provenienza illecita per reati commessi anche nel territorio nazionale. Operano in stretta simbiosi con i vertici delle più importanti cosche della ’ndrangheta della costa ionica della provincia di Reggio Calabria. Costanti, al riguardo, erano gli scambi di comunicazioni che avvenivano attraverso emissari inviati per partecipare a riunioni strategiche. Contemporaneamente, queste famiglie hanno investito i proventi di tali attività in diversi esercizi commerciali (principalmente bar e ristoranti ndr), situati nel centro di Toronto, ma soprattutto nell’area di Woodbridge. Bar e ristoranti che vengono utilizzati, non solo per riciclare, ma anche come basi logistiche». I finanzieri, inoltre, sostengono che il riciclaggio di denaro andrebbe ben oltre i semplici esercizi privati: «Società e personaggi riconducibili alla ’ndrangheta hanno investito anche nello smaltimento dei rifiuti». Eppure tutto questo perverso ciclo produttivo è stato scoperto solo dopo la cattura del Marco Antonio della cocaina, anch’esso calabrese. Dulcis in fundo: tutto il denaro sporco viene riciclato nel paradiso fiscale di Turks e Caicos grazie all’aiuto di un importante avvocato di Toronto.

Canada zona franca

'ndrangheta CanadaFranco Roberti, procuratore nazionale antimafia, ha considerato il Canada passibile di essere considerato il nuovo paradiso dei mafiosi: «Il rischio concreto è quello di garantire a figure di elevato spessore criminale, ricercate dalla magistratura italiana, la libera permanenza sul territorio come in una sorta di zona franca. Abbiamo elaborato e firmato un protocollo – riporta l’Espresso – con delle linee guida per snellire le procedure di cooperazione tra le nostre autorità e le loro». Eppure questa cooperazione, dimostrata anche da un viaggio del suddetto a Ottawa, fa fatica a decollare, conclude Franco Roberti: «Siamo insoddisfatti del livello dell’interlocuzione che ci è stato proposto. Ribadisco: quando un capo delegazione viene il primo giorno e il secondo giorno non si presenta senza giustificare l’assenza e lascia che la sottoscrizione del documento sia fatta da un altro rappresentante di livello minore del suo mi sembra un fatto deludente, che può lasciare adito a qualche perplessità per quanto riguarda l’assunzione di responsabilità che quella sottoscrizione al documento comporta per le autorità canadesi». Qualche barlume d’intesa comunque c’è: infatti, grazie a delle intercettazioni effettuate in occasione dell’operazione Ophoenix, sono stati arrestati alcuni pezzi grossi della droga (per il Canada) e della ‘ndrangheta (per l’Italia). Gli intercettati sarebbero stati beccati mentre discutevano di quelli che sono i grandi mercati con annessi traffici della droga.

La presenza mafiosa in Canada, in definitiva, è sempre più folta e la ‘ndrangheta sembra quella più forte e meglio dislocata nel territorio che, comunque, garantisce a tutte le famiglie mafiose una protezione senza eguali alla luce dell’inesistenza del reato di associazione mafiosa. I membri delle cosche vengono comunque arrestati a volte, ma solo se beccati mentre trafficano coca o eseguono mandati di omicidio. In attesa di una migliore cooperazione tra le forze italiane e quelle canadesi, ai mafiosi locali non resta che bere un caffè, forti della stessa protezione che il loro nuovo stato di residenza (involontariamente ed indirettamente) gli offre.

Francesco Raguni

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