Sono richiesti ai cittadini i loro capelli per salvare l’ambiente. Il 25 Luglio a largo della costa delle Mauritius si è incagliata la nave giapponese Mv Wakashio, colpendo la barriera corallina.
Il fusto dei capelli è una specie di spugna capace di assorbire diverse sostanze. Attraverso la cuticola esterna assorbe le sostanze che ci circondano: odori, gas, fumo, polveri e vari altri scarti prodotti nelle città. Secondo questa logica, i cittadini mauritani sono stati invitati dalle squadre di soccorso per contribuire al danno causato dalla nave giapponese.
Dopo la rottura della struttura della nave, che ha riversato così il petrolio rimasto al suo interno, ha allarmato tutti i cittadini. L’emergenza ha portato quindi barbieri e parrucchieri ad “armarsi” di rasoi! Si pensi infatti che 1 kg di capelli sono capaci di assorbire circa 8 kg di sostanze nocive. In questo caso, i capelli sarebbero utili all‘assorbimento di carburante fossile.
Il 25 Luglio la nave Wakashio è rimasta incagliata a largo della costa delle Mauritius, dove il villaggio più colpito è stato quello di Mahébourg, che ha visto il suo mare cristallino diventare nero come la pece. Non è ancora noto quanto successo sulla nave giapponese, ma alcuni membri dell’equipaggio hanno parlato di una festa. Festa di compleanno che, tra distrazioni e un bisogno maggiore di segnale Wi-fi, avrebbero portato la nave vicino la costa. Troppo, però.
Per quanto accaduto è stato così arrestato il capitano della nave, Sunil Kumar Nandeshwar, 58 anni, accusato di aver messo in pericolo un’intera popolazione. Il processo si terrà nella città di Port Louis e fino al prossimo incontro in tribunale, il 25 Agosto, il capitano sarà trattenuto dalla polizia locale.
Ogni sforzo è necessario al fine di raccogliere tutto il combustibile perso. Senza le squadre di soccorso, infatti, le 4000 tonnellate di petrolio avrebbero compromesso tutta la vita marina in quell’area. Il danno maggiore sarebbe stato per la stessa barriera corallina su cui si è incagliata la nave, poiché formata da coralli e foreste di mangrovie che, ad oggi, rischiano. Così anche le tartarughe e le 72 specie di pesci che vivono nel parco marino di Blue Ray, poco più a sud del luogo dell’incidente.
Diventa così sempre più difficile salvaguardare l’ambiente. Disastri come questi, purtroppo, annullano anche quel “minimo sforzo” che i cittadini del mondo provano a fare.
Davide Pasqualone
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