Ai giorni nostri, sempre più persone cercano di coltivare da sé cannabinoidi. Come una qualsiasi coltura, anche quella dei cbd richiede fattori ambientali (e non solo) adatti per la coltivazione dei semi e per la conseguente fioritura. A proposito di semi, oggi ne esistono di diversi tipi. Se fino a qualche decennio fa, infatti, l’unico tipo a disposizione dei coltivatori erano i semi tradizionali (la cui crescita è legata a fattori non di stress), oggi presso rivenditori specializzati come Seedsman si possono trovare altri semi di cannabis come quelli femminizzati, autofiorenti o semi femminizzati autofiorenti. La crescita di quest’ultimi, però, a differenza di quelli tradizionali è legata sia a fattori ambientali che di stress.
Vediamo, adesso, più nel dettaglio cosa si intende con questi due tipi di semi e quali sono le caratteristiche proprie. Partiamo dai semi femminizzati, realizzati grazie ad una specifica manipolazione chimica. Questa tipologia di semi, per lo più, viene utilizzata da quei coltivatori che vogliono ottenere solamente i fiori e che, quindi, vogliono massimizzare la produzione. I semi femminizzati, infatti, non fa al caso di chi vorrebbe estrarre composti della pianta o produrne derivati. Una volta coltivato, il tempo di crescita e fioritura è di circa un mese. Due settimane per mettere radici e altre due per la fuoriuscita dei fiori.
Sempre utili a coltivare cbd ma di diverso tipo sono i semi autofiorenti. Quest’ultimi permettono alle piante di crescere rapidamente data la loro capacità di maturazione di circa 10/12 settimane. Ovvero, di soli tre mesi. Il vantaggio dei semi autofiorenti, infatti, è che essi inizieranno a produrre indipendentemente dalla quantità di luce solare che riceve ogni giorno. A testimonianza di come il vino buono stia nella botte piccola, i semi autofiorenti sono piccoli ma adatti alle coltivazioni all’aperto o al chiuso. A differenza del passato, la qualità di cannabis prodotta da piante autofiorenti è salita notevolmente tanto da competere con qualsiasi altro tipo di pianta.
Se fino ai primi anni duemila gli unici semi di cannabis a disposizione dei coltivatori erano i semi tradizionali, negli ultimi 15 anni le cose sono notevolmente cambiate. Diversi fattori, infatti, hanno fatto scendere la popolarità di questi tipi di semi a vantaggio di quelli femminizzati e autofiorenti. Il principale motivo risiede nel fatto che i semi tradizionali necessitano di determinati fattori ambientali, di spazio e di un lungo e adeguato processo di crescita e selezione. Al giorno d’oggi, utilizzare semi tradizionali è utile solo a chi si trova alla ricerca di piante madri speciali o piante maschie da tenere in vita. Se è vero che sono i semi più naturali e meno sottoposti a manipolazioni chimiche, i semi tradizionali richiedono un grosso lavoro di coltura, crescita e selezione. Poco adatti, dunque, a chi si accinge per la prima volta alla coltivazione di cbd. Per questo motivo, i semi femminizzati e autofiorenti fanno al caso di chi si accinge al “growing” per la mera e semplice produzione di fiori.
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