Se dovessimo genericamente descrivere la routine dell’uomo del nostro tempo – senza bisogno di considerare quelle attività quali il nutrirsi e il dormire di cui per forza di cose non possiamo fare a meno – ci troveremo oggi di fronte un elenco di azioni che fino a qualche tempo fa nessuno avrebbe immaginato potessero essere quasi equiparate. È ragionevole pensare, infatti, che per molti l’accesso ai social rappresenti un’azione immancabile nel quotidiano, un po’ come lavarsi i denti, e molto più di leggere un libro a fine giornata. Questa è una conseguenza inevitabile di un rinnovamento delle modalità di comunicazione, figlio a sua volta di un ammirevole progresso scientifico, che assume poi indubbiamente, come ogni cosa, varie forme di manifestazione.
Principalmente le piattaforme virtuali più diffuse vengono utilizzate per condividere una parte di sé, porre alla portata di tutti una riflessione, un’idea, magari per commentarla insieme, postare una canzone, una foto, che sia per raccontarsi, per immortalare un bel momento o solo per mettersi un po’ in mostra. Bacheche, dunque, colme di parole, video, immagini a cui far seguire una reazione in un batter di click. Ed è in questo pullulante scambio di “mi piace“, che non si sa mai se sia sincero o compulsivo, che a volte ci si sente più vicini di quanto non permettano chilometri e timidezza, altre, invece, più lontani nella consapevolezza di non poter tramutare un pollice in quel sorriso o pacca sulla spalla che ci farebbe bene.
L’umano desiderio di avere uno spazio tutto proprio, un profilo di pixel e connessioni da poter gestire senza le interferenze a cui la vita reale ci sottopone – ma solo eventualmente a quelle della rete – non è chiaramente scevro dai condizionamenti della società. È probabilmente proprio nel momento in cui la voglia di affermazione viene sostituita da quella di considerazione che l’uso dei social altro non diventa che sintomo di un’ intrinseca situazione di disagio dove l’essere importa meno dell’apparire. Conformemente a tale divampante esigenza, in Giappone, la Family Romance ha lanciato un servizio che permette di affittare fake friends: amici finti con cui scattare selfie, o, meglio, groufie, autoscatti di gruppo.
Come se si stesse noleggiando una macchina, cioè, i clienti possono scegliere i modelli per i loro scatti da un catalogo fotografico in base alle proprie preferenze. Una volta identificato il finto amico potrà essere ingaggiato per circa 32 euro l’ora, con un’assunzione minima, però, di due ore. Le richieste, a dire della società ideatrice, ammonterebbero a circa un centinaio al mese. Si tratterebbe di utenti alla ricerca di comparse che riempiano i posti di noiosi seminari o si fingano invitati a sfarzosi matrimoni o feste di ogni tipo. Non mancano in questo scenario coloro che si rivolgono al sito esclusivamente per trovare qualcuno con cui immortalarsi insieme nell’esclamare un cheese che simuli divertimento e confidenza da sbandierare sui social.
Real Appeal non è comunque del tutto una novità; già da tempo, infatti, altri siti offrono servizi pressoché simili. Su Rentafriend, ad esempio, basta inserire la propria localizzazione per trovare amici di penna digitale, compagnie festaiole o chi, come nel caso nipponico, posi per fotografie o addirittura vesta i panni di un parente fittizio. Rent a local friend, o Local Freddie invece, sono rivolti più ad un pubblico di turisti, attivi su alcune città europee al fine di essere accompagnati da ciceroni locali nelle vie del luogo in questione, passando da monumenti a pub, da piazze a negozi. Le ragioni che portano a ricorrere a tale mezzo sono le più varie: fare ingelosire qualcuno, provare ad un amico traditore che il proprio modo di relazionarsi non ha subito mutamenti legati alla delusione, voglia di popolarità, mostrare l’esistenza di rapporti bramati ma che non si hanno. Tutte le motivazioni, per quanto formalmente diverse, però, come è evidente, riflettono il vuoto derivante da un forte senso di solitudine, dove più che lo sfondo di una foto bisognerebbe riempire l’anima.
Concetta Interdonato
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