CATANIA – «Si parla sempre più spesso di pari opportunità ma riuscire ad ottenere una giusta e reale uguaglianza anche nell’utilizzo linguistico delle parole usate nelle notizie che parlano di femminicidio e violenza sulle donne è una meta ancora lontana da raggiungere». Così la giornalista Elisa Guccione, dai microfoni del Museo Emilio Greco, introduce il delicato tema dell’incontro-dibattito La Narrazione della Violenza dei Media, organizzato dall’Associazione Shamofficine, dedita a difendere i diritti delle donne, con il patrocinio del Comune di Catania e il supporto dell’Ordine dei Giornalisti di Sicilia.
Femminicidi, violenza di genere e pari opportunità sono stati argomenti caldi trattati durante le due giornate di lavoro che ha visto donne accomunate da diverse esperienze in campo politico, culturale, istituzionale e professionale confrontarsi e riflettere sull’esigenza di intervenire fattivamente sulla dilagante violenza, anche in campo sociale, educativo, linguistico e mediatico. Hanno animato l’incontro culturale, coordinato dalla giornalista Elisa Guccione, Teresa Di Fresco, vice-presidente dell’Ordine dei Giornalisti di Sicilia, Maria Teresa Celotti, giornalista, componente del Consiglio Nazionale dell’Ordine dei Giornalisti, Graziella Priulla, docente universitaria, sociologa, saggista, Serena Maiorana, scrittrice e giornalista, Silvia Favaretto, presidente dell’Associazione Progetto 7 LUNE, Francesca Raciti, presidente Consiglio Comunale di Catania, e Amalia Zampaglione, presidente Associazione Shamofficine.
«È compito di un buon giornalista – spiega Teresa Di Fresco durante lo spazio Deontologia e linguaggio dedicato alla formazione dei giornalisti – non spettacolarizzare la notizia e utilizzare i termini adatti per descrivere un fatto di violenza, tutelando l’interesse del minore o delle vittime della tratta per il rispetto della verità sostanziale dei fatti osservati e descritti». Ed ancora aggiunge: «Quando si scrive un pezzo è necessario evitare la diffusione di informazioni imprecise o diffondere immagini troppo violente che possano danneggiare i coinvolti pur di attirare la curiosità del lettore».
Grande interesse per l’intervento della giornalista Maria Teresa Celotti, la quale ha presentato il video della pièce Desdemona e le altre – Il femminicidio dalla letteratura alla cronaca, messa in scena per la prima volta al carcere di San Vittore di Milano, davanti a uomini accusati di crimini sessuali e violenza di genere. «I giornali riducono le vittime a corpi sanguinanti, mentre indugiano sulle motivazioni dei carnefici – spiega la giornalista poco prima della proiezione del video – si soffermano solo sugli autori del femminicidio e le vittime sono ridotte ad una semplice constatazione di nome, cognome, età e numero di coltellate».
Forte coinvolgimento emotivo per il ricordo di Stefania Noce, giovane donna uccisa barbaramente dall’ex fidanzato con dieci coltellate, durante la presentazione del libro della giornalista e scrittrice Serena Maiorana, “Quello che resta” storia di Stefania Noce – il femminicidio e i diritti delle donne nell’Italia di oggi. «La storia di Stefania non è la storia di un’eroina o di una ragazza speciale – sottolinea Serena Maiorana – è la vita di tante donne umiliate e maltrattate nella loro dignità umana. Tutte un domani potremmo trovarci nella condizione di vittima se l’attuale situazione sociale e mentale non cambia».
Dibattito acceso durante l’intervento di Graziella Priulla per la presentazione del suo ultimo libro La libertà difficile delle donne, in cui la donna sin da Adamo ed Eva è vista come causa di tutti i mali del mondo rappresentando la carne e le passioni, mentre l’uomo il senso e l’intelletto. «Nella nostra società – dichiara Graziella Priulla – l’emancipazione, soprattutto, per le nuove generazioni significa copiare i maschi e la libertà delle donne è diventata terrore quando tutte noi abbiamo avuto la facoltà di gestire il nostro corpo con la sua capacità riproduttiva».
Le due giornate-evento sono state arricchite dalle mostre itineranti delle Matriarcas, opere create da artisti ispano-americani, simbolo di sorellanza e di solidarietà tra donne, di maternità, di creazione e simbolo della donna-rifugio che accoglie tutti, donne, uomini, bambini e per estensione il mondo intero e La Rotta delle Sirene legata ad un messaggio di forza e valore del mondo femminile e della sua bellezza.
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