«Sbocciano i fiori, sbocciano / e dànno tutto quel che hanno in libertà. / Donano, non si interessano / della tristezza che ora viene e dopo va» recita uno dei famosi testi di Lorenzo Cherubini, in arte Jovanotti, che sembra essere un’interpretazione elaborata dell’antico brocardo «ogni fiore è segno d’amore». In effetti proprio loro, figli variopinti di una natura che non conosce confini, sono in grado di regalare sorrisi, ornare tavole imbandite e inebriare gli ambienti con delicati profumi. Di tipologie ne esistono a migliaia, ma è innegabile che attualmente alcune di queste specie vegetali rischino in alcune zone l’estinzione.
È il caso di sette rari esemplari presenti nelle aree Natura 2000 dell’Appennino centrale, oggi protagonisti di un progetto, cofinanziato tramite lo strumento LIFE della Commissione Europea, comunicato da Legambiente insieme al Parco Nazionale della Majella, che ne è il capofila, al Parco Nazionale d’Abruzzo, Lazio e Molise, al Parco Naturale Regionale Sirente Velino e all’Università di Camerino. «Il progetto nasce con l’idea di realizzare una grande azione di rete tra le aree protette interessate dell’Appennino, il cui intento è anche quello di ribadire la ricchezza di biodiversità di questo territorio, nonché la capacità dei parchi di raggiungere obiettivi e strategie comuni per la conservazione della biodiversità», spiega Antonio Nicoletti, responsabile nazionale aree protette e biodiversità di Legambiente.
Tra i punti del progetto Floranet Life vi è la protezione e il rinforzo delle specie presenti, che vedono la loro sopravvivenza in bilico a causa delle attività umane, dell’evoluzione spontanea della vegetazione naturale o del crescente numero di animali selvatici. In particolare, si prevede un incremento dei popolamenti per mezzo di tecniche di ecologia di restauro, con la produzione di propaguli coltivati ex situ (in ambiente artificiale). Non mancheranno analisi dei processi di germinazione dei semi delle specie bersaglio e raccolti in particolare nei parchi Abruzzesi, ma non ci si limiterà a questo, anzi: saranno proprio la banca dei semi, la propagazione in vivaio e la coltivazione nei giardini botanici a permettere la ricreazione dei boccioli in pericolo.
Particolare attenzione, inoltre, sarà dedicata alla riduzione l’impatto del turismo sulle specie target, riorganizzando i flussi turistici vicini ai siti di crescita. Sarà realizzata anche una campagna di sensibilizzazione tra la popolazione locale e i visitatori, partendo dalla formazione nelle scuole e cercando anche di divulgare il messaggio a livello europeo. Tra i fiori per cui è scattato l’allarme rosso vi sono l’Androsace di Matilde e l’Adonide Ricurva, etimologicamente legato ad Adone, giovane dalla bellezza disarmante leggendariamente amato da Venere e all’incurvatura della pianta. A seguire il Giaggiolo della Marsica, l’Astragalo Aquilano, la Serratula con foglie di erba-sega, il Senecione dell’isola di Gotland e la Scarpetta di Venere. Quest’ultima prende il nome dalla forma del labello del fiore, tipicamente a pantofola: delicata ed elegante, utilizzata anche in ambito omeopatico e fitoterapico, è considerato il «gioiello fiorito d’Italia». Chissà che, grazie al progetto menzionato, non continui ad esserlo ancora a lungo, insieme agli altri numerosi “compagni di natura” che hanno ora più speranze di sopravvivere al susseguirsi delle stagioni.
Concetta Interdonato
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