Raggiunto accordo a Doha tra l’Arabia Saudita e la Russia per congelare la produzione del petrolio ai livelli di gennaio 2016. Si è trattato di una scelta obbligata che ha coinvolto in realtà diversi paesi dell’OPEC, dal momento che l’eccesso di offerta ha costretto i principali paesi produttori di petrolio a frenare la produzione dell’oro nero.
Tuttavia, nonostante l’accordo raggiunto, gli Stati Uniti quale primo produttore al mondo di petrolio, hanno deciso di non farne parte, così come l’Iran. A tal proposito, infatti, Teheran, mediante Mehdi Asali direttore generale del ministero del Petrolio per i rapporti con l’OPEC, ha definito illogica la richiesta di congelare la produzione visto che «gli altri esportatori hanno approfittato degli anni di embargo nei confronti della Repubblica islamica per aumentare il loro output fino a 4 milioni di barili al giorno. Ora si aspettano che l’Iran paghi il costo di un riequilibrio, la nostra risposta è no».
Teheran è dunque convinta di poter recuperare adesso il terreno perso sul mercato dopo tanti anni di limitazioni all’esportazione, a causa delle sanzioni economiche. Intanto, il ministro iraniano Bijan Zanganeh fa un passo indietro sostenendo che Teheran «appoggia la decisione che è stata presa da membri OPEC e paesi non-OPEC per mantenere un tetto alla produzione, per stabilizzare il mercato e i prezzi a beneficio dei produttori e dei consumatori», senza chiarire, però, se l’Iran aderirà all’accordo congelando la produzione ai livelli di gennaio 2016 come il resto dei partner. Non resta che attendere i prossimi risvolti.
Ester Sbona
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