Qualche settimana fa è nata una polemica sull’allattamento: protagonista Aurora Ramazzotti, criticata per la scelta di dare al figlio Cesare, di appena 12 settimane, il latte artificiale
I commenti che sono seguiti sono stati giudicanti nei confronti della neomamma, che si è giustificata dicendo che “non aveva più latte” e per questo condannata ancora di più per diffondere informazioni errate sull’allattamento.
Quando si tratta di argomenti delicati come la maternità è sempre bene ricordare che ogni esperienza è personalissima. Nonostante tutti i libri e gli studi che si possano leggere, non sempre le cose vanno secondo le aspettative.
In questo articolo si cerca di dare voce a esperienze diverse sull’allattamento, ogni storia mostra sfaccettature, problemi e soluzioni differenti. Per questione di privacy sono stati scelti nomi di fantasia.
«Con la prima figlia è stato un disastro, non ho avuto supporto psicologico o pratico dalle puericultrici, né da mia madre, che era con me. Ho avuto la montata lattea subito dopo il parto e la bambina ha avuto difficoltà ad attaccarsi, nessuno mi diceva come dovevo posizionarla, ero da sola.
Mia madre aveva avuto esperienza di mastite, un processo di infiammazione che interessa la ghiandola mammaria, e temeva che accadesse anche a me. Dal momento che si stava creando un ingorgo mammario (mammelle gonfie e dure tanto da provocare dolore alla palpazione, arrossamento e difficoltà al flusso del latte), mi ha consigliato di prendere le pillole per inibire la lattazione e io, fragile e stanca per i numerosi tentativi falliti, mi sono fatta convincere.
Quando la bambina ha avuto le coliche credevo fosse colpa mia, che se le avessi dato il mio latte non avrebbe sofferto, mi sentivo inadeguata.
La seconda volta ho partorito di giorno e hanno attaccato la bambina al seno già in sala parto, spiegandomi come posizionarla e per rendere le cose più facili hanno usato i paracapezzoli.
La bambina però dormiva tanto e non mangiava, io avevo il seno che scoppiava, tiravo il latte per conservarlo, ma non era sufficiente. La bambina ha avuto un calo fisiologico, io ero troppo anemica e quindi abbiamo optato per l’allattamento misto per un mese, intanto facevo le flebo di vitamina B12 e acido folico.
Poi, per altri 5 mesi ho allattato esclusivamente al seno e poi la bambina, a 6 mesi, ha lasciato in modo naturale; quindi, ho proseguito con l’allattamento artificiale e allo svezzamento. Allattare la terza figlia è stato molto più facile, avendo già preso coscienza del mio problema di anemia ho iniziato subito con le flebo e non c’è stato bisogno di integrare il latte artificiale.
Da neo mamma, l’uso del latte artificiale mi ha fatto sentire inadeguata, vedevo che altre allattavano senza difficoltà, mi sentivo privata di questa esperienza con mia figlia e credevo fosse per questo che lei avesse le coliche.
Il pediatra mi rassicurava dicendo che la bambina cresceva bene, i valori erano perfetti e che le coliche avrebbero potuto venirle a prescindere.
Fondamentale in quel momento è stato il confronto con mia cognata. Anche la sua bambina, nonostante l’allattamento esclusivamente naturale aveva coliche fortissime, finendo addirittura ricoverata.
Rendermi conto che non ero la sola ad avere quelle paure mi ha sollevato dal senso di colpa e di inadeguatezza. Ho capito che non ero l’unica».
«Ero decisa ad allattare al seno, aveva letto libri, mi ero documentata sulla teoria, volevo riuscire al 100%, non consideravo il latte artificiale come un’opzione. Sapevo che l’allattamento al seno era la scelta migliore per il bambino dal punto di vista nutrizionale e immunitario, inoltre volevo creare un legame con il bambino, non volevo precludermi questo aspetto della maternità.
Nonostante questo, la mia prima esperienza è stata drammatica, soprattutto perché non ho trovato in ospedale supporto da parte del personale. Ho provato dai primi istanti a far attaccare il bambino, le puericultrici dicevano che andava tutto bene, solo che il neonato dormiva sempre. Oltretutto avendo fatto il cesareo ero immobilizzata.
La montata lattea è arrivata dopo sei giorni e il bambino piangeva sempre. Nei libri leggevo che, se avessi iniziato a dare il latte artificiale non avrebbe più preso il latte dal seno, quindi quando mi hanno proposto il latte artificiale ho rifiutato.
Mi hanno fatto sentire una madre snaturata, facendo violenza psicologia, dicendomi che avrei compromesso la sua salute.
La montata lattea non si riusciva gestire, mio figlio non si attaccava bene. In quel momento di difficoltà ho chiesto l’aiuto di una consulente per l’allattamento, che si è precipitata in ospedale con una tettarella e un sondino. Mi ha spremuto il seno e mentre il bambino ciucciava, gli dava il latte artificiale per rinforzarlo.
Ha spiegato come posizionare il bambino e, dal momento che avevo i capezzoli ritratti, di usare i paracapezzoli per farlo attaccare meglio. Tutta la notte, ogni due ore, mi contattava per avere degli aggiornamenti. Sono riuscita alla fine, ma con difficoltà, ho allattato per un anno ma è stato molto complesso e faticoso.
Allattare il secondo figlio è stato una passeggiata, in ospedale le puericultrici sono state più presenti e non mi hanno pressata. Per me è stato fondamentale l’aiuto della consulente, altrimenti, dopo la prima montata lattea avrei avuto una mastite, e per me dover rinunciare all’allattamento al seno sarebbe stato un grande insuccesso».
«Volevo assolutamente allattare al seno e così ho fatto per i primi mesi. Le ostetriche erano molto superficiali, pretendevano che sapessi già cosa fare. Allattare non è così spontaneo come si pensa, anche il bambino può avere bisogno di un aiuto in più. Allattare al seno è stato bello ma anche impegnativo, a tratti stressante.
Non avevo molto latte e lei faceva fatica ad attaccarsi, non è stato semplice. L’allattamento misto l’ho vissuto come una sconfitta, credevo di doverci riuscire da sola, sentivo pressioni e paragoni, come se, non allattando al seno, non fossi una buona madre. Mi ferivano alcuni commenti e consigli non richiesti.
Erano tutti lì a vedere come facevo le cose, non avevo privacy, anche mentre allattavo le ostetriche procedevano con manovre invasive. È stato terribile quando amici mi spiegavano tutti i benefici del latte materno, che dovevo insistere, come se non lo sapessi.
Ero estremamente sensibile, in pieno stravolgimento ormonale, piangevo per le cose più banali. Questi commenti fanno veramente male, soprattutto perché sottintendono una mancanza da parte della mamma. Allattare è una cosa naturale ma non tutti possono farlo. C’è chi lo ritiene una cosa stressante, per quanto bello possa essere.
I bambini mordono i seni, che spesso sanguinano, si prova dolore, vengono le ragadi. Alcuni non lo reggono e passano all’artificiale, ma non è giusto giudicare per questo. Un po’ di sensibilità da parte di tutti non guasterebbe, è un’esperienza molto personale, stressante e delicata».
«Ho avuto un’esperienza positivissima, soprattutto con il secondo figlio, essendo più preparata. Mi ha supportato tantissimo mia cognata, ostetrica, che mi ha aiutato a far attaccare il bambino.
I primi tentativi sono falliti: il bambino non si attaccava, il latte non usciva subito. Ci è voluta molta pazienza e dedizione, è pesante anche solo provarci. Ho avuto la montata lattea tre giorni dopo il parto e il bambino ha avuto un calo fisiologico molto pesante.
Ho avuto le ragadi e ho rischiato di aver una mastite, non avevo allattato per tre o quattro ore e si erano creati degli ingorghi molto dolorosi. È fondamentale portare sempre un tiralatte per evitare che si creino questi problemi.
Con il secondo non ho avuto bisogno dell’aiuto di nessuno e ho allattato senza difficoltà, avevo così tanto latte che l’ho donato alla banca del latte dell’ospedale per i bambini in terapia intensiva.
Ho allattato a lungo, mi è stato possibile perché quando ho avuto il primo figlio ancora non lavoravo, e adesso la mia professione mi permette di lavorare da casa e, con l’aiuto dei nonni, riesco a staccare per allattare quando serve.
L’allattamento al seno è importantissimo per gli anticorpi, il latte li protegge ed è fonte di idratazione, e nella mia esperienza, mi ha permesso di creare un forte legame con i miei figli.
È un impegno importante che si deve portare avanti con pazienza, forzarsi mette a rischio la salute psicologica della mamma e del bambino. La scelta deve essere sempre della mamma, dare il latte in polvere non significa danneggiare i bambini, io stessa sono cresciuta con il latte artificiale.
Probabilmente se non ci fosse stata mia cognata a incoraggiarmi non avrei potuto allattare così a lungo. Ero molto scoraggiate all’inizio, credevo di non nutrirlo abbastanza. Per me non è stato facile capire che non stavo sbagliando, ma ho avuto il giusto supporto da persone esperte.
Può capitare di avere la sensazione che il seno sia vuoto. I risultati del tiralatte sono ingannevoli, nonostante sia utilissimo, il latte che ne viene fuori è un minino rispetto a quello che riesce a tirare il bambino. L’unico parametro per valutare se un bambino mangia o meno non è il tiralatte ma il peso e i controlli del pediatra.
È necessario che le mamme siano assistite perché possano vivere al meglio e con consapevolezza l’allattamento, scegliendo la soluzione che è più adatta per loro».
Per altri articoli sull’argomento:
Come attaccarlo al seno dal sito del Ministero della Salute
Otto consigli salvavita che nessuno dà alle neo-mamme
Alessia Vasta
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