La storia del ricamo rivive nel mezzo dell’estate a Palazzo Madama: esso offre al proprio pubblico un nuovo percorso di conoscenza delle collezioni esponendo nella sala Atelier una preziosa scelta di ricami.
TORINO – Ha origini remote la parola “ricamo”: essa deriva dall’arabo raqm, che significa segno. Disegnare ad ago, quindi, è una pratica antichissima, assai frequente nel bacino del Mediterraneo e in Oriente; dal Medioevo in poi si è diffusa in tutta Europa. Si utilizzavano tutti i filati di origine vegetale o animale, naturali o tinti, arricchiti da materiali preziosi quali oro, argento, perle, coralli, o conterie in vetro, paillettes metalliche, in plastica o di gelatina. Contrariamente a quanto si può immaginare, il ricamo non è stato sempre un’arte esclusivamente femminile. Nella storia, è stato lavoro di uomini e di donne: alla fine del XIII secolo a Parigi lavoravano 200 mastri ricamatori, al 50% uomini e 50% donne. Nei secoli successivi, l’organizzazione corporativa dei mestieri affida agli uomini la titolarità delle botteghe, dove continuano a lavorare persone di entrambi i sessi. Oltre ai laboratori professionali, luoghi di produzione organizzata di ricami sono anche i monasteri femminili mentre, nel XVI secolo, il ricamo si diffonde come attività domestica, intrattenimento di nobildonne ed esercizio pratico ed educativo per le ragazze. Libri di modelli a stampa diffondono i disegni utilizzati per decorare tovaglie, biancheria, camicie.
Oggi è il ricamo di alta moda che più dimostra la vitalità e potenzialità di quest’arte: la si celebra al Palazzo Madama, sito in Piazza Castello a Torino. Dal 29 luglio al 16 novembre 2015, Palazzo Madama espone oltre sessanta pezzi della propria collezione, con una scelta che spazia dai ricami sacri medievali agli abiti danzanti degli anni Venti, vibranti di perline e conterie in vetro. Sono rappresentati i ricami in seta e oro, con un prezioso san Cosma in or nué, i ricami in lino bianco dei monasteri svizzero tedeschi e quelli in lana colorata per i tessuti da arredo, particolari della zona di Zurigo e Sciaffusa tra il ‘500 e ‘600. Fiori e rocailles decorano con leggerezza i tessuti e gli accessori di abbigliamento settecenteschi: pettorine e borsette femminili, o i corpetti a trapunto, ma anche le marsine, i gilet e i copricapo da uomo.
Il manufatto più antico è un cappuccio di piviale della fine del XIII e inizio XIV secolo, mentre quello più raffinato da ammirare è la tovaglia ricamata da Caterina Cantoni, tra 1590 e 1610, in cui il ricamo è perfettamente rifinito su entrambi i lati del tessuto. Quello più complesso è un ricamo in lana svizzero tedesco del 1580 circa, che unisce la raffigurazione della parabola delle Vergini sagge e delle vergini stolte alla raffigurazione degli Evangelisti e delle stagioni. Invece, quello senz’altro più sorprendente e divertente, è un frammento di stolone di piviale, opera spagnola del 1590-1600, con allegri teschi infiocchettati, che ricorda il piviale raffigurato da El Greco in El entierro del conde de Orgaz, del 1586. Palazzo Madama, inoltre, espone un oggetto assai raro: si tratta di un quaderno manoscritto di disegni per ricami ad inchiostro e tempera, dedicato alla «mirabile matrona Marina Barbo» nel 1538. Assolutamente preziosa è anche la collezione di agorai, in smalto, avorio, micro-intaglio ligneo, dal XVII al XIX secolo: oggetti d’uso raffinatissimi che sono stati compagni di lavoro di donne agiate. Ma il pezzo forte è sicuramente rappresentato da un eccezionale abito disegnato da Gianfranco Ferré nel 2002, gentilmente concesso dalla Fondazione Gianfranco Ferré; impreziosito da straordinari ricami realizzati da Grasso, è una lunga tunica in georgette di seta ricoperta da un caleidoscopio di cristalli Swarovski e canottiglie.
La mostra è aperta da lunedì a sabato dalle 10.00 alle 18, mentre la domenica è aperta dalle 10.00 alle 19.00. Il martedì la mostra resta chiusa.
Chiara Grasso
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