Nella nostra società, purtroppo, si contano troppe vittime di bullismo. Si tratta di un argomento delicato da trattare e proprio per questa ragione pochi ne parlano. Sentiamo dire spesso che “i bambini sono la voce della verità”; in quest’ambito, forse, dovremmo lasciare più spazio alle loro parole. Ivan è una vittima da tempo, ma finalmente ha trovato l’occasione giusta per rompere il silenzio.
Ivan è un nome di fantasia, è l’alter ego di una vittima di bullismo. La storia si svolge in una scuola media italiana. La professoressa durante un compito in classe dà una traccia originale. «Inventa un racconto in cui sono presenti una vittima, un gruppo di ragazzi prepotenti, degli spettatori, un adulto. Alla base del racconto ci può essere un fatto realmente accaduto o un episodio verosimile». Leggendola, il ragazzo si rende conto che deve aprirsi: ora o mai più. Così decide di scrivere un tema in cui racconta la sua storia, e quella dei bulli che lo tormentano, sotto il nome di Ivan ma in prima persona. Parla, quindi, di come viene escluso dai suoi compagni, dei nomignoli che gli vengono assegnati («omosessuale», «trans», «femminuccia»). Cerca di mettere a fuoco le difficoltà e le insicurezze che prova, la sua sofferenza. Nella conclusione aggiunge altri elementi, ancora più eclatanti, descrivendo l’autolesionismo come una «droga potentissima di cui non puoi più fare a meno». La chiusura del tema è emblematica: «“Ivan” chissà se ricorderanno questo nome, una volta che non ci sarò più. Apro la finestra e mi lascio andare. È finita, finalmente in pace. Sono diverso, non sbagliato».
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