Dopo l’uscita ad aprile di “Fastlife 4”, il quarto capitolo della saga Fastlife, diventata ormai un classico del rap italiano, Guè è tornato e ha deciso di chiudere il 2021 con “GVESVS”, uno degli album sicuramente più interessanti tra quelli usciti quest’anno.
In “GVESVS” vi è un esplicito rimando a “Jesus”, non solo nel titolo e nella copertina, ma anche nella scelta dei featuring che sono 12, come gli apostoli. E non dimentichiamo che, casualità, Guè è nato il 25 dicembre, proprio come Gesù.
L’album è quasi interamente prodotto da Sixpm, fatta eccezione per il brano d’apertura affidato a Dj Shocca, ed è accompagnato in diverse tracce da Shablo, Marz, Zef, i 2nd Roof, Rvchet, The Night Skinny e Marco Polo, nomi che non hanno bisogno di presentazioni.
Tra i featuring spiccano Marracash, Salmo, Coez, Geolier, Ernia, Elisa, ma c’è anche il ritorno di Rose Villain, che dopo l’enorme successo di “Chico” ha deciso di collaborare nuovamente con Guè in “Piango sulla Lambo”, brano che si discosta dal resto dell’album per i suoni un po’ più commerciali e che si candida a diventare una vera hit virale. Una novità anche la connessione con la Lovegang, con Ketama126 in “Domai” e Franco126 in “Fredda, triste, pericolosa”.
I più appassionati, però, avranno pianto di gioia leggendo tra i featuring grandi nomi come quello di Rick Ross, peso massimo del rap targato USA, in “Gangster of Love”; o ancora l’inaspettata collaborazione con dutchavelli, esponente della drill inglese, in “Sponsor”, e ciliegina sulla torta “Nicolas Cage” con la combinazione Guè – Jadakiss, uno dei volti più noti della East Coast e simbolo del gangsta rap statunitense.
L’album si apre con “La G la U la E pt. 2”, e l’assist ai nostalgici è servito: il brano è infatti la seconda parte di “La G la U la E”, uno dei pezzi più famosi di Guè presente in “Il Ragazzo d’Oro”, uscito ormai un decennio fa. E il props a Jake La Furia nella barra «Il mio stile originale, frate/ grosso come Jake» fa sognare un (improbabile) ritorno dei Club Dogo.
Guè non perde l’occasione di criticare l’ipocrisia del politicamente corretto in “Lunedì blu”, dove rappa «ignoranti abituati ad obbedire ad altri stro**i/ la dittatura del tutto corretto a tutti i costi/ solo per risonanza difendi una minoranza/ ma sei un minorato, è rinomato».
Non mancano, poi, pezzi introspettivi come “Nessuno”, dove ribadisce che la solitudine è il prezzo da pagare in cambio del successo, o “Fredda, triste, pericolosa” dove malinconicamente ripercorre parte della sua vita, affermando che rifarebbe tutto da capo, o ancora “Senza Sogni”, dove è apprezzabile la barra «la notte mi sogno le rime/ nei giorni io rappo i miei sogni», riferendosi alla celebre frase di Van Gogh «sogno di dipingere e poi dipingo il mio sogno».
“GVESVS” è un elogio alla musica urban: Guè si dimostra hip-hop al 100%, senza però risultare noioso o antiquato. Quando più di vent’anni fa ha cominciato a rappare, cioè quando i Club Dogo non esistevano e faceva parte del trio Sacre Scuole, il rap in Italia era praticamente inesistente, era un fenomeno di nicchia.
Oggi la situazione è totalmente opposta: è diventato il genere più ascoltato nella penisola, e sebbene sia un grande traguardo non bisogna dimenticare di guardare il rovescio della medaglia. Non tutti i nuovi rapper fanno realmente parte di questa cultura, c’è chiaramente chi si avvicina al rap nella speranza di fare qualche soldo. Guè, però, con il nuovo album si discosta da questo atteggiamento, dimostrando che per fare della buona musica non è necessario seguire a tutti i costi le tendenze. Si può avere successo anche restando fedeli a se stessi. Negli anni Guè lo ha ampiamente dimostrato, e per certi versi è stato una sorta di Nostradamus, riuscendo ad anticipare mode, tendenze e suoni.
La speranza è che adesso anche gli altri rapper capiscano la lezione impartita con “GVESVS”: per essere credibili, per essere ricordati, tutto ciò che bisogna fare è seguire il proprio stile originale.
Giordana Fichera
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