Gli ultimi dati Istat mostrano che gli occupati stanno aumentando: rispetto all’anno scorso, ci sono ben 236 mila lavoratori in più, principalmente uomini over 50. Anche se il tasso di disoccupazione resta uguale (l’11,9%), la disoccupazione giovanile (dal 15 ai 24 anni) sta registrando un netto calo, passando dal 39,2% al 37,9%. Se da una parte la disoccupazione giovanile sta diminuendo, in aumento sono però i giovani inattivi, cioè quei ragazzi che non hanno un lavoro e non lo stanno cercando. A fronte di 30mila disoccupati giovanili, ci sono altresì 30mila inattivi in più. Per aiutare i giovani inattivi ad avere nuovamente fiducia nel trovare lavoro e a sperare in un futuro, Giulio Beronia, Emanuela Formisano, Anna Grind, Simone Petrelli, Manuela Ronghi e Alessia Vincioni hanno realizzato il libro “Job Affair. Trova il lavoro che vuoi: le aziende ti svelano come conquistarle”.
«Per tre anni abbiamo girato l’Italia con il progetto HRC Talent Days, un viaggio dedicato all’orientamento dei giovani. Ne abbiamo incontrato oltre 5mila e abbiamo parlato con loro in maniera diretta, provando a fare chiarezza. Questo libro è la versione editoriale di quegli incontri: riteniamo che chi si occupa di risorse umane debba per forza fare qualcosa per i giovani», ha spiegato Giulio Beronia, Managing Director di HRC Millennials, la business unit di HRC Group dedicata alle iniziative di orientamento al lavoro per i giovani. Primo presupposto da cui partire, è essere consapevoli che cercare un’occupazione oggi è diverso rispetto ad anni fa. «Non ti devi aspettare che qualcuno ti chiami, ma rimboccarti le maniche e partire. Il lavoro va cercato attivamente, e la ricerca non può essere lasciata al caso – spiega Beronia –. È fondamentale saper saltellare da un lavoro all’altro, magari alternando occupazioni che ci appassionano ad altre che magari non ci entusiasmano ma sappiamo fare bene. È calcolato che oggi un lavoro, per un giovane, non duri più di 2/3 anni».
Una cosa molto importante è tenere sempre aggiornato il curriculum vitae ed essere presenti sui social, in modo serio. «Cv e profilo LinkedIn devono mostrare coerenza per la tematica del personal branding. I social fanno sempre più parte della nostra vita/immagine, quindi è bene mostrarsi professionali e lasciare la vita privata fuori dal social network professionale. Sicuramente è molto importante curare la propria presenza online, non solo sui social ma anche provando a ‘googolare’ il proprio nome e cognome. In passato mi è capitato di escludere potenziali candidati proprio perché avevo trovato incongruenze su internet», ha suggerito Emiliano Maria Cappuccitti, HR Director Coca-Cola HBC Italia. Uno degli errori più diffusi è quello di non personalizzare il proprio curriculum, ammonisce Beronia. «Il curriculum non è un documento formale, non è l’ennesimo allegato da spedire con una mail. A tutti gli effetti è come una lettera d’amore, perciò va personalizzato in base all’azienda a cui si spedisce. Scriverlo pensando all’interlocutore, inserire parole chiave legate all’azienda e elementi personali, utilizzare l’originalità e l’unicità tipiche di una storia». «Per distinguersi, consiglio ai candidati di sapere esaltare, pur con modestia e a volte autoironia, le proprie singolarità, cioè tutte quelle tendenze che li qualificano come ‘pezzi unici’, possibilmente con l’accortezza, in sede di colloquio, di sapere tradurre tutto questo in attitudini e competenze che l’azienda stessa si prenderà volentieri cura di affinare», ha dichiarato Piero Chiappano, People manager Virgin Active Italia. Per ultima cosa, la sede di colloquio. Secondo Beronia il colloquio serve a «conoscersi e a capire se ci sono interessi e valori comuni. Serve piacersi reciprocamente per imboccare un percorso condiviso». Calma e sangue freddo, quindi. Forse, però, avere un po’ di fortuna potrebbe aiutare, e non poco, a trovare un lavoro.
Valentina Friscia
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