Il turismo organizzato cerca dignità: lo scorso 8 settembre, nella monumentale cornice di Piazza del Popolo a Roma, agenti di viaggio e tour operator si sono dati appuntamento per il 3° D-Day dall’inizio della pandemia.
D-Day: il giorno della dignità. Perché?
Quella degli agenti di viaggio e tour operator è l’unica categoria commerciale massacrata dall’emergenza sanitaria che non riesce ancora a intravedere barlumi di normalità.
Ma il Covid, di per sé, c’entra ben poco. Passato il picco nero dei contagi e delle chiusure giustificate, il turismo organizzato è ora vittima di un sistema grottesco e assassino. Mentre roboanti titoli sui media proclamano la ripresa del turismo, città invase da visitatori, hotel e ristoranti sold out, le agenzie di viaggio languiscono in uno straziante canto del cigno.
Mare Italia e mete europee rappresentano infatti solo un misero 15% del loro volume d’affari che, invece, fa leva sui viaggi a medio e lungo raggio. Ma con un governo che persegue una politica di chiusura delle frontiere extra Schengen, l’agente di viaggio non può vendere i propri prodotti. La legge stabilisce che è vietato spostarsi per turismo. Salvo poi assistere – ed ecco il Grande Paradosso – a folle di furbetti che prenotano online facendosi beffe della normativa vigente e passando indenni sotto controlli pressoché inesistenti. Per non parlare della scandalosa falsificazione di certificati di lavoro o di salute atti a giustificare viaggi di piacere altrimenti fuorilegge.
Agenti di viaggio e tour operator chiedono allora, a gran voce sotto i portoni delle Istituzioni, l’apertura di corridoi turistici verso destinazioni come Mar Rosso, Oceano Indiano e Repubblica Dominicana, dove si possano realizzare soggiorni stanziali e controllati, “bolle” covid-free, dove il personale ricettivo sia interamente vaccinato e i protocolli sanitari diligentemente rispettati.
D’altronde, diversi Paesi membri dell’Unione hanno già riaperto al turismo internazionale ed è auspicabile evitare che il prolungato stop degli operatori italiani possa comprometterne la ripresa rispetto ai competitors stranieri, già avanti nella programmazione per le prossime stagioni e nell’acquisizione delle condizioni più favorevoli con i fornitori di servizi.
E i sostegni economici? Altra nota dolentissima…
Soltanto nella primavera di quest’anno si sono concluse le erogazioni dei fondi febbraio-luglio 2020, senza che vi sia traccia di decreto a copertura del restante periodo. Un ritardo inconcepibile e una mancanza abnorme per una categoria ferma da due anni. Realtà che hanno lottato strenuamente per evitare che i sacrifici di una vita sfumassero miseramente rischiano ora di soccombere davanti all’indifferenza degli organi governativi.
A nulla è valsa l’istituzione del Ministero del Turismo, tornato a essere organo a sé dopo il distacco dal Ministero dei Beni Culturali, con il quale non poteva evidentemente condividere esigenze e dinamiche.
Ampiamente giustificate, pertanto, la rabbia e la frustrazione degli agenti di viaggio che rivendicano il diritto di tornare a lavorare. Perché il turismo non è solo agriturismi e città d’arte che pur riempiono le casse dell’IVA ma affamano un’intera categoria. I vaccini stanno ormai ampliando i margini di sicurezza e su alcune destinazioni si può e si deve tornare a viaggiare. Nella piena legalità.
Gli agenti di viaggio hanno rispettato le regole. Ora chiedono tutela, aperture, controlli e coerenza. E che si semplifichi una volta per tutte l’intricata giungla dei PLF e dei Green Pass.
Perché il viaggio è roba da professionisti. Non un gioco per furfanti da tastiera. Il turismo organizzato non è per tutti.
Assunta Saragosa
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