Secondo quanto riporta La Stampa, dal 2015, in Francia sono state chiuse circa 20 moschee a causa della lotta al terrorismo e alla radicalizzazione che Parigi sta portando avanti, ormai da più di un anno. Emblematico, in merito, il tweet del Ministro dell’Interno francese Bernard Cazenueve: «Non c’è posto in Francia per quelli che incitano all’odio nelle sale di preghiera e nelle moschee». Parigi, Bruxelles, Nizza, Rouen: in Europa la minaccia del terrorismo è sempre più concreta, controllare, dunque, i luoghi che giocano un ruolo importante all’interno del dialogo religioso diviene quasi cruciale.
Europa e non solo, anche in Africa la lotta al terrorismo continua serrata: proprio in Egitto, in questa settimana, è infuocato lo scontro tra il Governo nazionale e Al-Azhar (prestigiosa università, tra le più antiche istituzioni dell’Islam sunnita). Infatti, secondo quanto detto dal quotidiano egiziano Al-Shorouk, il dicastero degli Affari Religiosi egiziano avrebbe stilato una vera e propria black list contenente i nomi di tutti gli Imam non aderenti alle nuove direttive statali. Spicca tra esse l’obbligo di un unico sermone, da fare il venerdì, scritto da un comitato di esperti: ad esempio, quello di questa settimana è stato sulla sicurezza alimentare. In Egitto, infatti, con la nuova presidenza (dal 2013) militari e politici combattono duramente gli integralisti islamici, sia per evitare eventuali colpi di stato da parte di questi ultimi, sia per arginare e controllare la diffusione del fenomeno sul territorio nazionale: ancora una volta, il controllo della vita della moschea diventa fondamentale. Diverse dozzine di predicatori sono stati allontanati e ogni luogo (la cui estensione fosse minore di 80 metri quadrati) adibito a luogo di culto islamico, chiuso.
Naturalmente, non sono mancate le voci fuori dal coro, contrarie alle misure governative. Su twitter si è successivamente diffuso un hashtag in lingua araba che, tradotto, recitava #NoAiSermoniScritti; e il dibattito non si è fermato ai semplici social network, ma si è estesa anche sui giornali e sulle emittenti televisive. Il sottosegretario di Al-Azhar, Abbas Shoman, ha ribadito la posizione dell’ateneo in merito, negando la validità dei sermoni statali. Repentina è arrivato la riposta del ministero, il quale ha definito tale comportamento «irresponsabile». Si è poi riunito il Consiglio dei Leader dell’università, presieduto dallo sheikh di Al-Azhar, Ahmed Al-Tayeb: a loro detta il sermone unico limiterebbe non solo il pensiero e le conoscenze di chi lo ascolta, ma anche il dibattito religioso universitario, sarebbe, dunque, meglio erigere un sistema educativo atto a formare Imam più preparati, in modo tale da arginare il fenomeno dell’integralismo, senza distruggere la varietà del dialogo islamico.
Già i primi Imam disobbedienti, comunque, sarebbero stati sollevati dall’incarico. La lotta è, poi, sfociata anche sul fronte della politica, locale e non: se Mohamed Gomaa (Ministro degli Affari Religiosi) è stato sempre a fianco del Governo di AbdelFattah Al-Sisi, Al-Azhar (nonostante i vertici istituzionali siano comunque uomini scelti dai regimi al potere) è colmo di studenti oppositori del potere costituito e vicini alle ali più estreme dell’Islam. Più volte questi, nel corso degli anni, si sono opposti ai vari Capi di Stato. L’Egitto, comunque, non è l’unica nazione del Nord Africa che ha preso simili provvedimenti. In Tunisia, dopo l’attacco di Sousse, le Forze dell’Ordine hanno chiuso 80 moschee, mentre in Marocco la monarchia, oltre il controllo della formazione degli Imam, ha imposto il divieto di fermarsi presso i luoghi di culto, oltre il termine della preghiera.
Francesco Raguni
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