AGRIGENTO, RAGUSA – Il 26 maggio scorso due barconi e un gommone contenenti centinaia di migranti, tra cui tantissimi bambini, partivano dalla città di Sabratha, in Libia, per giungere e sbarcare presso le coste siciliane, passando dal Canale di Sicilia. Una delle due imbarcazioni, la più grande, trainava con l’ausilio di una fune la più piccola, che da parecchi minuti aveva iniziato ad imbarcare acqua a causa di piccole falle nella sua struttura, dopo circa otto ore di navigazione. L’esito della vicenda è stato dei più tragici: il secondo barcone ha iniziato ad affondare ed uno degli scafisti ha dato l’ordine di tagliare la fune che permetteva a quest’ultimo di essere trainato; in molti hanno tentato di raggiungere l’imbarcazione gemella tuffandosi in mare; altri, invece, sono andati incontro ad una morte tragica, annegando per mancanza di forze o perchè incapaci di nuotare. Ogni barca conteneva circa 500 individui, il gommone circa 100. Il bilancio delle vittime è crudele: pare, infatti, che lungo questo triste esodo siano stati in 400 a perdere la vita, tra cui ben 40 bambini. Le squadre di soccorso di Ragusa e Agrigento, intervenute tempestivamente durante la notte con numerose imbarcazioni di recupero, hanno potuto fare ben poco per limitare i danni della tragedia, che per molti si era già consumata in maniera inesorabile.
Sono circa 12.000 i migranti sbarcati durante l’ultima settimana, 900 le vittime: i dati, in sintesi, di un fenomeno sociale senza precedenti e di una gravità inaudita. La Guarda Costiera, che da giorni si occupa della ricerca dei corpi in mare, ha rinvenuto il cadavere di una donna la cui testa era quasi stata mozzata dal colpo di frusta della fune tagliata da uno degli scafisti. In merito, la squadra mobile di Ragusa indaga da giorni al fine di risalire all’identità degli scafisti che hanno provocato l’ultima delle tante tragedie in mare: sono stati individuati e successivente fermati a Pozzallo quattro uomini, tra i quali perfino un ragazzo di sedici anni. I circa venti superstiti, provenienti da Sabratha e sopravvissuti al naufragio di quel maledetto secondo barcone, hanno rilasciato negli ultimi giorni la loro versione dei fatti in merito a questi sconvolgenti accadimenti; mentre le autorità continuano la ricerca incessante dei numerosi corpi senza nome che hanno lasciato la loro terra per cercare un futuro migliore e che invece hanno trovato soltanto una tomba in mare.
Francesco Laneri
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